Parla Cassandra il neo pentito dei Casalesi: accuse a Zagaria e Pino Fontana

 È la prima volta di Luigi Cassandra in veste ufficiale di pentito. La prima volta di un deposito di verbali nei quali si leggono le accuse che l’ex «interfaccia politica del boss Michele Zagaria» lancia agli imprenditori ritenuti collusi con la camorra. Palazzo di Giustizia di Napoli, il pm Dda Maurizio Giordano ha ufficializzato il pentimento di Cassandra e ha depositato dinanzi al collegio presieduto da Domenica Miele, le rivelazioni dell’ex politico di Trentola Ducenta. Pino Fontana e Michele Zagaria: ancora una volta sono loro l’argomento centrale del processo «Medea» benché alla sbarra, per gli appalti in somma urgenza affidati – secondo la Dda – alle ditte vicine al clan dei Casalesi, ci siano altre quattro persone. La procura sta cercando di provare che tra il capoclan e l’imprenditore (detenuto al 41 bis a Badu e Carros) c’era un patto criminale; la difesa, avvocati Alfredo Sorge e Alfonso Stile, sostiene invece che Fontana fosse vittima di Zagaria, costretto a pagare il pizzo. Ma torniamo al verbale di Cassandra. Sono tante le parti omissate, ma agli atti c’è la ricostruzione di quelli che, secondo il pentito, erano i rapporti tra Fontana e Zagaria. Nuove accuse, dunque, che durante la prossima udienza il neo collaboratore di giustizia sarà chiamato a formulare dal vivo. Il pm lo interrogherà a novembre. Ieri, invece, sul banco dei testimoni sono saliti altri due collaboratori di giustizia dell’ultima ora: Michele Barone e Giuseppe Misso. Il primo, dopo aver risposto alle domande del pm, durante il controesame ha accennato a presunti rapporti tra gli imprenditori De Rosa di Casapesenna e il boss Zagaria, ma è stato interrotto dal pm: su queste circostanze sono tutt’ora in corso indagini pertanto le informazioni in questione sono al momento non divulgabili. Barone ha ricostruito gli affari del clan in relazione alla gestione «quasi diretta delle aziende di Casapesenna» da parte della malavita. L’accordo, secondo la tesi accusatoria, prevedeva che i lotti di lavori per la rete idrica fossero frazionati in modo da poter affidare le opere in somma urgenza – senza passare per la procedura degli appalti pubblici – e quindi venissero in tal modo favorite le ditte vicine ai Casalesi. Cabina di regia del presunto sistema era la Regione Campania, nella persona dell’ex consigliere regionale ed ex parlamentare Tommaso Barbato. Con lui Franco Zagaria, defunto cognato del boss Michele e suo alter ego «addetto» proprio al settore «appalti» degli affari del clan. Dello stesso tenore sono stati i racconti di Giuseppe Misso. Anch’egli si è concentrato sulla figura di Fontana anche se, durante il controinterrogatorio, non è riuscito a fornire dati precisi rispetto alle vicende che ha tentato di ricostruire. Misso ha anche parlato di un suo incontro con Pino Fontana avvenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. «Ho cercato di convincerlo a collaborare», ha detto il pentito. Poco dopo, però, Fontana è stato trasferito nel carcere sardo di massima sicurezza, dove tutt’ora si trova, in regime di 41 bis. Alla sbarra, oltre a Fontana, ci sono suo fratello Orlando Fontana (difeso avvocato Gianfranco Mallardo) che è accusato della presunta «compravendita» della pen drive del boss, Tommaso Barbato (rappresentato da Francesco Picca) il carabiniere Alessandro Cervizzi (difeso da Vittorio Giaquinto) e il finanziere Silvano Monaco. (fonte il mattino edizione caserta)

(Nella foto Luigi Cassandra e Michele Zagaria)


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