“Li dobbiamo uccidere appena esco…Non hanno capito che ci pigliamo i Quartieri per sport, perché siamo troppo superiori a loro che non possono neanche pensare, appena vengono un’altra volta, abboffateli di botte questi… noi siamo nati per vincere”. Era già in carcere e qualche mese fa mandava “pizzini” ai “fratelli” che stavano fuori, quelli del clan Sibillo perchè come scriveva voleva prendersi i Quartieri Spagnoli. La sua mania di grandezza ma soprattutto la pericolosità criminale era senza ostacoli. Si tratta di Francesco V. il 16enne dei Quartieri Spagnoli raggiunto la scorsa settimana nel carcere di Catania da un’ordinanza di custodia cautelare perché ritenuto l’autore dell’omicidio del giovane ras rivale Mario Mazzanti reo di averlo redarguito. Secondo il gip Angela Draetta del tribunale dei minori che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare: “E’ un minore che mai ha mostrato segni di pentimento (anche in relazione ad altri delitti) ed è anzi considerato una mina vagante, dall’agire impulsivo, spavaldo e altamente trasgressivo. È noto come uno smanioso, sempre pronto a raccogliere nuove drammatiche sfide”. Aveva già sparato il 26 gennaio 2014. Quando l’allora 15enne feriÌ€ per errore Graziano Urzini, vittima di un agguato diretto a Mattia Campanile, ritenuto dal clan Giuliano- Sibillo l’accoltellatore di Alessio Vigorito, vicino alla malavita di Forcella. La sparatoria avvenne in piazzetta Volturno e le indagini della polizia portarono al minorenne dei Quartieri Spagnoli, poi condannato in primo grado a 10 anni di reclusione e per questo motivo giaÌ€ detenuto a Catania. Poi l’omicidio di Mario Mazzanti avvenuto il 3 maggio 2015 in vico Lungo San Matteo.
Per incastrare il pericoloso baby killer, come riporta Il Mattino,  è stata decisiva una perizia labiale disposta dalla Procura, per ricostruire alcune immagini ricavate nel carcere minorile di Catania. È un passaggio cruciale per la tenuta delle accuse a carico del presunto babykiller, quando Francesco V. riceve amici e parenti e prova a mimare le fasi dell’omicidio. Parole captate in ambientale, gesti e movimenti delle labbra diventano elementi che al momento inchiodano il minorenne. C’è un movente: un litigiocon altri ragazzi della sua età il giorno prima del delitto, quando qualcuno chiede l’intervento di Mario Mazzanti, un trentenne legato a una famiglia nota agli inquirenti nella zona delle cosiddette “chianche”. Forte del proprio carisma, Mazzanti avrebbe minacciato il ragazzino di “svitargli la testa”, di fronte ad altri litigi. Un affronto, nell’ottica di chi sogna di “andare a vincere, a colpi di botta in testa”. Ed ecco il momento del delitto, secondo la ricostruzione del perito del pm: “Mi dicevano togli la pistola, togli la pistola…, non volevano farmi salire sui motorini… poi io corsi e sparai, il proiettile dalla spalla al cuore (Francesco mima il gesto delle spalle e del petto, scrive il consulente); poi Giovanni (l’uomo rimasto ferito) se n’è andato e io l’ho visto traballare”. A questo punto, un amico gli chiede della persona deceduta e Francesco si pavoneggia: “A Mario? Sì, sì, ho sparato io a Mario, stavano con due motorini”. Ma c’è dell’altro. Agli atti anche le parole della mamma e della nonna di Francesco che si dicono preoccupate subito dopo la morte di Mazzanti, per una possibile risposta da parte di quelli delle chianche. Tanto che in famiglia, arrivano addirittura a comprare una pistola per il ragazzino (che nel frattempo si era nascosto da un parente), sperando che la polizia potesse arrestarlo per possesso di armi. Le donne temono una vendetta, la più anziana sfodera una buona dose di senso pratico: “Non vi affacciate, neppure per stendere i panni all’esterno del balcone, non aprite la porta, neppure se dicono che sono poliziotti, state lontano dalle porte… hanno detto che ci uccidono, a partire dai bambini… mettete dei panni bagnati sotto le porte (per bloccare il liquido infiammabile, ndr). Difeso dal penalista Roberto Saccomanno, Francesco punta a dimostrare la propria estraneità al delitto, mentre la famiglia della vittima (rappresentata dall’avvocato Riccardo Ferone) chiede una giustizia rapida.