“Tutte le volte che incontro la mamma di Carla le chiedo perdono per quello che ha fatto, mio figlio ha sbagliato, ma tutto quello che è successo si poteva evitare” a parlare è la signora Pia, la mamma di Paolo Pietropaolo, il 41enne accusato di aver dato fuoco alla sua ex. Lo fa a margine dell’udienza del processo dinanzi al Gup Egle Pilla che dovrà giudicare con rito abbreviato l’uomo di Pozzuoli. Ieri era la giornata delle arringhe, ma anche delle lettere di pseudo-ravvedimento e contro accuse, la lettera di Pietropaolo che da carnefice vuole apparire vittima di una donna che lo ha ingannato, volendo prima una figlia e poi lasciandolo. Come se per quella donna senza più volto e identità, sfigurata dalle fiamme e dalla violenza non fosse un diritto lasciare un uomo che non amava più. Strategie di un processo, nel quale si gioca sulla premeditazione, l’incapacità d’intendere, per evitare una pena durissima. Quindici anni la richiesta dei pm. E come non può una mamma, quella di Pietropaolo, tentare di proteggere un figlio. Quella madre-donna si schiera: “Non è un mostro, Paolo non lo è mai stato, è un ragazzo fragile non è una persona cattiva” dice ai giornalisti fuori dall’aula. Carla Caiazzo e Paolo Pietropaolo avevano avuto una lunghissima relazione, un eterno fidanzamento, durato quasi un ventennio. Come se poi alla fine di quella lunga relazione fosse naturale che loro due restassero insieme. Fuori dall’aula si ripercorre quella relazione, migliaia di telefonate fatte da lui a lei quando era ormai chiaro che Carla avesse un’altra relazione; o il ricordo di quella decisione di tentare un intervento di fecondazione assistita per appagare il desiderio di genitorialità della coppia. I parenti di Paolo Pietropaolo parlano di un uomo ‘usato’ da Carla, quasi a voler sottolineare che in fondo quel 41enne è un uomo ingannato, quasi a giustificare un gesto che non si può giustificare. Frutto della sottocultura e della violenza di genere. “Paolo è stato usato da Carla. Che senso aveva sottoporlo a un percorso così particolare come la fecondazione assistita, per poi lasciarlo e andare a vivere con un altro?” sostengono i parenti dell’imputatoA loro non va giù che Carla Caiazzo sventoli quel dramma sui giornali, in Tv, è un continuo attacco nei confronti del 41enne. Ma, obnubilati da quella parentela, non si rendono conto che di vittima, in questa storia ce n’è una ed è Carla Caiazzo. “È difficile ha detto Carla vivere con un volto che non ti appartiene” aveva detto nella trasmissione Porta a Porta, parlando di spalle alla telecamera. “Mi telefonò per un ultimo incontro. Mi disse che voleva darmi un regalino per la bambina. Ci vedemmo e in effetti mi diede un cappellino. Poi mi disse che ne aveva altri e che avrei dovuto aspettarlo perché me li potesse consegnare. Mentre andava a prenderli si raccomandò: Aspettami qui, perché forse non ti rivedrò mai più. Io non diedi pesi alle sue parole” ha ricordato la donna in Tv.
Ma prima dei parenti, nell’aula 411 del Tribunale di Napoli dove si sta svolgendo il processo, aveva letto una lettera anche lui, il 41enne imputato. Tutto sulla stessa lunghezza d’onda dei parenti: “Sono pentito e addolorato per quello che ho fatto ma vi invito a valutare anche la sofferenza che Carla ha causato a me, sebbene non sia paragonabile alla sua. Mi ha usato per avere un figlio e poi mi ha lasciato per un altro uomo”. Incommentabile. E come se non bastasse nella sua arringa, l’avvocato difensore Gennaro Razzino, sottolinea la gravità del gesto ‘ignobile e senza giustificazioni’ ma poi riprende quel tema dell’uomo ferito e tradito, insieme a quello della mancata premeditazione, dell’uso di psicofarmaci. Giustificazioni. Il tutto in una frase, pronunciata dal difensore parlando di Carla Caiazzo: “Lei si è pentita del tradimento?”. Questo è il processo a Paolo Pietropaolo. Non quello ad una donna fedigrafa. (r.f.)