Sette condanne e per il resto assoluzioni e prescrizioni per quella che era stata definita “la tangentopoli telesina”. Ieri nella tarda mattinata il verdetto emesso dal collegio giudicante presidente Marilisa Rinaldi giudici a latere Rosario Baglioni e Loredana Camerlengo. Per il reato d’associazione a delinquere Giuseppe D’Occhio ex sindaco di Telese Terme, Almerico Fasano e Alberto Pilla imprenditori, condannati a sei anni. Sempre per associazione condanne per Sergio Fuschini, Pietro Pacelli, e Quirino Vegliante, tutti titolari di aziende di costruzione, una pena di quattro anni e sei mesi. Per tutti questi condannati vi sono stati delle assoluzioni per altri reati che gli venivano contestati. Infine un anno e quattro mesi per Antonella Zoccolillo per ricettazione. Assolti per non aver commesso il fatto o perchè il fatto non sussiste: Paola Biondo, Giovanni Caporaso, Mario Carrozza, Bartolomeo Di Biase, Giuseppe Di Cerbo, Gaetano Fasano, Pasquale Giaquinto, Pasquale Iorio, Paolo Massaro, Domenico Vincenzo Maturo, Nicola Parente, Aniello Rillo, Luigi Vegliante. Non doversi procedere per prescrizione nei confronti dei reati che venivano contestati ad Antonio Antonuccio, Paola Biondo, Lucia Catillo, Gaetano Fasano, Pasquale Giaquinto, Pasquale Iorio, Domenico Mazzarella, Francesco Pilla, Luigi Vegliante, Bartolomeo Velardo. Inoltre i magistrati hanno condannato Giuseppe D’Occhio, Almerico Fasano, Sergio Fuschini, Pietro Pacelli, Alberto Pilla, Quirino Vegliante e Antonella Zoccolillo a risarcire la costituita parte civile da liquidarsi in separata sede. Inoltre al pagamento della parte civile della somma di 50mila euro a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva. Dopo indagini della Guardia di Finanza coordinate dalla Procura della Repubblica nell’ottobre del 2009 scattarono 12 arresti in carcere, 3 ai domiciliari, 3 misure interdittive. Tra i destinatari delle incriminazioni l’ex sindaco Giuseppe D’Occhio, il dirigente dell’ufficio tecnico comunale Antonio Antonuccio, il funzionario dei servizi demografici, Pasquale Giaquinto. E poi imprenditori che avrebbero costituito, sempre secondo l’accusa, un cartello di imprese di fatto, per pilotare gare d’appalto, preparare documenti, versare tangenti a chi doveva gestire le procedure. Ribassi di appena lo 0,45 per cento o 1,55 per cento avrebbero deciso le aggiudicazioni sempre alle stesse ditte. Intercettazioni, perquisizioni, 130 accertamenti bancari su 33 persone e ditte, e sequestri. Poi i rapporti finali della Finanza alla Procura, della Repubblica che ipotizzavano guadagni illeciti per non meno di una ventina di appalti truccati su una cinquantina aggiudicati sempre alle stesse imprese. Scattarono all’epoca anche sequestri di denaro, in contanti e immobili, ritenuti ricavi di tangenti e frodi. Imputati difesi da Vincenzo Regardi, Andrea De Longis, Angelo Leone, Antonio Leone, Monica Del Grosso, Giuseppe Maturo, Marcello D’Auria, Giuseppe Massarelli, Paolo Piccialli, Vittorio Fucci, Paolo Abbate, Ettore Marcarelli, Antonio Di Santo, Antonio Iacobelli, Giuseppe Stellato.
