Camorra, carabiniere condannato a cinque anni di carcere per le soffiate al clan Aprea

I giudici della prima sezione pena­le, collegio C (presidente Corleto), del Tribunale di Napoli hanno  condannato, accogliendo la richiesta del pub­blico ministero antimafia Antonella Fratello  a 5 anni e 6 mesi di carcere il carabiniere (tutt’ora in serviozio ) Pasquale Spronello e 3 anni e 9 mesi il camorrista Lorenzo Acanfora, esponente di spicco del clan Aprea di Barra. Nove anni e due mesi complessivi per il reato di corruzione aggra­vato dalla matrice camor­ ristica per aver favorito gli Aprea. assolto invece Salvatore Silvestrino, pure lui imputato i corruzione aggravata. I fatti contestati risalgono al 2007 e sono stati ricostruiti dalla procura incrociando i racconti di alcuni pentiti ( i fratelli Giuseppe e Salvatore Manco) e il con­tenuto di alcuni dialoghi intercorsi tra i personaggi più rappresentativi degli Aprea.

“Ti sei mangiato tremila euro euro la volta passata…”. E’ questa la frase che il boss di Barra, Pasquale Aprea dice rivolgendosi al fratello detenuto Vincenzo parlando a proposito del carabiniere corrotto. Secondo l’accusa i tremila euro servirono per ritardare l’arresto del ras Lorenzo Acanfora, e consentire al malavitoso di partecipare al battesimo del figlio del padrino Pasquale Aprea. Poi al resto delle accuse ci hanno pensato i fratelli Manco pentiti che hanno delineato un quadro di corruzione fatto di regalia al militare di ogni genere, per lo più elettrodo­mestici, come un televisore, una lavatrice e finanche una cameretta. In cambio il carabiniere avrebbe “forni­to informazioni su blitz che dovevano essere fatti” nei confronti degli Aprea, salvando in più di un’occasione i malavitosi dalle maniette e dai sequestri di droga. Poi ad Acanfora fu accor­dato un altro privilegio. In un ufficio della stazione di Barra Acanfora potè salutare Pasquale Aprea. Qui secondo l’accusa si sarebbe verificata  “la scena più vergognosa dell’intera sto­ria. Una scena cui, suo malgrado, assiste un altro carabiniere, al quale era stata data la direttiva di la­ sciar fare i due malavitosi. «Nel corso del colloquio – ha poi denunciato il militare alla procura – Aprea era autorizzato da Spronello a lasciare soldi al nipote ed eventualmente altri effetti personali. Dico ciò perché altrimenti mi sarei opposto a tale incontro o comunque avrei chiesto l’autorizzazio­
ne al comandante. Mentre redigevo gli atti, vidi che lo zio consegnò una cospicua somma di denaro al nipote in relazione al fatto che il nipote stesse andando in carcere. Dopo lo zio salutò il nipote sulle labbra proprio a mo’ di stile camorristico
e andò via». Per la stessa vicenda nei mesi scorsi il boss  Pasquale Aprea è stato condannato, in un processo che si è svolto con il rito abbreviato, a cinque anni e mez­zo di reclusione.

Articolo precedenteNapoli, guasto all’impianto antiroghi del teatro San Carlo: acqua in palcoscenico
Articolo successivoScafati, continuava a spacciare dai domiciliari: torna in carcere Giuseppe Alfano