Camorra, omicidio Marino: domani il faccia a faccia tra il boss Cosimo Di Lauro e il pentito Gennaro Puzella

Da domani comincia il processo davanti alla IV sezione della Corte d’Assise d’appello di Napoli presieduta da Dome­nico Zeuli, nei confronti di Cosimo Di Lauro, il sanguinario ex giovane boss protagonista della faida che insanguinò Scampia nel 2004, per l’omicidio  dii Massimo Marino, parente del boss Gennaro Mc Kay,avvenuta a Casavatore l’undici dicembre del 2004. Cosimo Di Lauro da 10 anni al 41 bis era diventato l’icona negativa delle giovani leve della camorra. Un personaggio simbolo, un mito per tutti quelli che  volevano entrare nel mondo della camorra, della bella vita, donne, droga e altro. Rischia l’ergastolo per la prima volta anche perché è riuscito a farsi assolvere in appello per l’omicidio di Gelsomina Verde (versò 300mila euro ai familiari, che accettaro­ no di non costituirsi parti civili) e in primo grado dall’omicidio di Attilio Romano, entrambi vit­time innocenti di quella folle guerra.Cosimo Di Lauro in primo grado è stato condannato all’ergastolo come mandante dell’omicidio Marino ed è probabile che domani il procuratore generale chieda la conferma di quella condanna. Un processo particolare e tormentato questo in quanto si troverà per la prima volta di fronte al pentito Gennaro Puzella colui che solo nel 2013 ha confessato: “Sono io il killer di Massimo Marino, ma al mio posto è stato condannato Giovanni De Luise, un innocente, che sta in cella a scontare una condanna per un delitto che non ha commesso”. Ad incastrare il killer sbagliato era stata la sorella della vittima, Cin­zia, che ritenne di riconoscere in Giovanni De Luise l’uomo che qualche giorno prima aveva sparato al fratello. I due si erano incrociati nell’obitorio del poli­clinico: a De Luise, infatti, era stato ucciso un fratello poche ore prima di Massimo Marino. Sulla base di questa testimo­nianza, nonostante i dubbi del pm Stefania Castaldi, il 6 dicem­bre del 2006 Giovanni De Luise fu condannato a 22 anni di car­cere. Quattro anni dopo la svol­ta, che arrivò grazie a due nuovi collaboratori di giustizia, Anto­nio Prestieri e Antonio Pica; du­rante la faida i Prestieri erano stati alleati dei Di Lauro. I due dichiararono che a sparare a Marino era stato Gennaro Puzella aiutato da Santoro Spasia-no. Per questi ultimi il pm Ca­staldi, che vedeva confermati i propri dubbi iniziali e trovava fi­nalmente una soluzione alter­nativa al caso, chiese la misura cautelare in carcere, che il gip però non concesse. Due anni dopo il fascicolo fu archiviato e subito riaperto: si erano pentiti Vincenzo Lombardi e lo stesso Gennaro Puzella. Questi rac­contò di aver commesso l’omi­cidio Marino per ordine di Cosimo Di Lauro con l’aiuto di Vin­cenzo Lombardi, di Giuseppe Pica (nel frattempo deceduto) e si Santoro Spasiano. La richie­sta di misura cautelare nei con­fronti del giovane boss, stavolta, fu accolta. Il Riesame confermò. Un anno dopo – siamo ormai a luglio 2013 – la Corte d’appello di Roma, competente per que­sto genere di vicende, accolse la richiesta di sospensione del­l’esecuzione della pena nei con­ fronti di Giovanni De Luise. Il 9 giugno 2014 Puzella e Lombar­di, al termine del processo con rito abbreviato, furono condan­nati rispettivamente a dieci e ot­to anni di reclusione. Il 15 ma­ gio 2015 la IV sezione della Cor­te d’Assise condannò all’erga­ stolo Cosimo Di Lauro come mandante dell’omicidio.


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