‘Camorriste’ la storia delle donne boss, record di ascolti su Sky, raccontata al Suor Orsola Benincasa

Mogli che prendono il comando del clan quando il marito, madri che possono pentirsi perchè i propri figli siano un domani ‘rispettati ma puliti’. A volte più spietate dei maschi, sicuramente ’emancipate’ rispetto alle donne silenti e sottomesse di mafia siciliana e della ndrangheta calabrese: sono le ‘Camorriste’ raccontate dalla serie di Crime+Investigation, record d’ascolti del Canale 118 di Sky, per la quale i produttori italo tedeschi (A+E Networks Italia, DocLab e Mediamediterranea in associazione Autentic Germania) stanno già pensando ad un seguito di altri 4 episodi per ora in fase di progettazione. L’ultimo, trasmesso ad ottobre, dedicato alla storia di Maria Duraccio, è stato girato anche all’Università Suor Orsola Benincasa che oggi ha ospitato l’incontro ‘Camorriste 2.0′ sui nuovi ruoli delle donne all’interno delle organizzazioni malavitose. Da Pupetta Maresca, raccontata da fiction edulcorate come una eroina passionale, all’immaginaria Chanel di Gomorra, sono state ripercorse sopratutto le storie vere narrate nella docu-fiction, quelle di Camorriste pentite che, spalle alla telecamere (tranne una dissociata ex killer Cristina Pinto che oggi ha pagato i conti con la giustizia) raccontano la loro ascesa e il loro riscatto. Una esperienza ripercorsa da Paolo Colangeli, autore della serie e da Sherin Salvetti, general manager A+E Networks Italy Crime+Investigation: ”Queste donne ci hanno raccontato di una vita che a loro appariva normale. Ma anche dell’adrenalina che si scatenava quando si sentivano potenti come uomini, superiori a tutti”. Isaia Sales, docente di Storia delle mafie al Suor Orsona ha ricordato che ”l’approdo al clan per le donne è di origine familiare, cosi come accadeva nell’800 quando le mogli prendevano il posto dei mariti usurai arrestati e operavano con violenza ancora maggiore”. Simona Di Monte, magistrato, spiega che ”la donna capo assicura con il suo ruolo il patrimonio, agisce in quanto moglie e madre mentre più raramente è figlia di un camorrista”. Giuseppe Borrelli,della Direzione Distrettuale Antimafia, ha ricordato che su 800 collaboratori di giustizia 50 sono donne, ”L’8 per cento, un dato significativo”. Il magistrato ha poi lanciato un ”allarme ordine pubblico” in relazione alle gang metropolitane di giovanissimi che sparano anche in pieno centro. Geppino Fiorenza, presidente comitato scientifico Pol.I.S. ha ricordato le donne vittime innocenti della criminalità e Pietro Ioia, dell’ associazione ex-detenuti Napoli ha portato la sua testimonianza di vita ringraziando magistratura e forze dell’ordine per la loro opera ma lamentando l’assenza delle Istituzioni: ”occorrono politiche sociali e del lavoro per combattere la camorra e dare una possibilità a chi vuole cambiare vita”. Hanno partecipato al dibattito anche Marco Demarco, direttore della scuola di giornalismo del S. Orsola Benincasa e Anne Veron, scrittrice e regista.


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