Ercolano: “E’ stato mio fratello Giovanni Birra ad ordinare l’omicidio di Di Grazia, aveva tradito”, la prima accusa choc in aula del pentito Antonio Birra

“E’ stato mio fratello Giovanni Birra insieme con Stefano Zeno e Costantino Iacomino a decidere che Di Grazia doveva morire perché stava passando alla famiglia rivale: gli Ascione-Papale”. Le parole sono di Antonio Birra, fratello del sanguinario boss della Cuparella di Ercolano, Giovanni Birra. Il pentito è comparso in aula per la prima volta l’altro giorno dopo sei mesi di verbali redatti insieme ai magistrati della Dda di Napoli. Lo ha fatto nel processo in Corte di Appello per il duplice omicidio del ras Raffaele Di Grazia e del cognato Lucio Di Giovanni, uccisi il 6 febbario del 2000 a poca distanza dalla caserma dei carabinieri. L’ordine era stato dato circa due mesi prima così com’è stato inserito nei verbali trascritti del- l’interrogatorio e confermato al processo. Ha spiegato ancora il pentito Giovanni Birra: “Sfortunatamente, quella mattina, con lui si trovò anche il cognato Di Giovanni che non c’entrava nulla. Per noi era più semplice agire vicino alla caserma nel momento in cui la vittima aveva degli orari e dei percorsi prestabiliti”.
Infatti, il vero obiettivo Raffaele Di Grazia, che stava tradendo il gruppo (Birra-Iacomino) al quale apparteneva, ogni mattina aveva l’obbligo di firma alla stazione dei carabinieri che si trova tra via Panoramica e via Venuti a Ercolano. Ha spiegato ancora il pentito : “Andrea Sannino aveva il compito di avvertici e per questo era appostato fuori la Tenenza  dei carabinieri per avvertire i killer che potevano intervenire. Appena usciti, Sannino alzò la mano. Così Raffaele Perfetto detto “muss ’e scigna”, Carlo Serraro “Carletto” e Vincenzo Bonavolta alias “ascensore” inseguirono i due predestinati e finirono il lavoro”. I tre killer erano il braccio armato dei Lo Russo “capitoni” di Miano, alleati storici dei Birra-Iacomino per i quali hanno compiuto una dozzina di omicidi. Ad eseguire la sentenza di morte dovevano essere i fratelli Sannino.  Poi ci fu un ripensamento. Non a caso il pentito Antonio Birra ha spiegato:  “Il clan decise che ci volevano facce pulite e quindi cambiammo strategia, coinvolgemmo la famiglia di Miano con la quale eravamo una sola cosa. Io e  Lorenzo Fioto incontrammo i Lo Russo e preparammo nei dettagli l’assassinio fornendo anche le armi e motorini.  Sono stato io a recuperare gli esecutori e le armi, poi dopo gettai il motorino nel lagno accanto al cimitero di Portici”.

(nella foto il boss pentito Antonio Birra)


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