“Si’, e’ vero, gli ho dato due schiaffoni ma non ero armato. Mi sono agitato perche’ quella e’ stata l’ennesima aggressione contro mia figlia e mia moglie ed ero stanco oltre ad essere impaurito”. Sono queste le parole agli inquirenti di Luigi Formicola, il padre di Stefania, la 28enne uccisa dal marito Carmine D’Aponte, all’alba del 19 ottobre scorso a Sant’Antimo, periferia a nord di Napoli. Luigi e’ stato chiamato a rendere un interrogatorio alla Procura di Napoli Nord, con i suoi avvocati Raffaele Chiummariello e Libera Cesino, perche’ indagato per il reato di minacce. Il sabato prima della tragedia il genero aveva sporto denuncia contro di lui. “Mia figlia quella mattina mi chiamo’ in lacrime – racconta – suo marito stava spaccando la casa con un martello. Quando sono arrivato da lei, era in lacrime e lui una furia. Non ha esitato a minacciare lei, me e mia moglie. A quel punto per bloccarlo gli ho sferrato qualche ceffone. Poi ho preso mia figlia e i miei nipoti e siamo andati a casa mia”. Il giorno stesso Carmine D’Aponte ha denunciato il suocero per minacce. “Anche io volevo farlo, sono andato il giorno dopo, la domenica, al comando di Sant’Antimo ma mi hanno consigliato di tornare perche’ l’ufficio denunce era chiuso”. Carmine D’Aponte nei giorni scorsi aveva reso interrogatorio al pm dichiarando di non aver mai voluto uccidere la moglie ma che sarebbe stata una disgrazia. “Ero armato perche’ mio suocero aveva detto di volermi uccidere. Poi Stefania ha provato a togliermi l’arma dalle mani ed e’ partito il colpo”. Resta detenuto per omicidio volontario e martedi prossimo si celebrera’ il Riesame.