Non è la camorra dei boss che incutono timore perchè sono stati prima spietati e sanguinari killer. Non questa è la camora dei selfie e dei social network e forse anche più pericolosa perché spavalda e senza regole. Così si spiega “la stesa teatrale” del 7 ottobre scorso in via Toledo a Napoli e che ha visto come protagonisti i due cugini Armando e Simone Rizzo arrestati ieri dai carabinieri. Il primo 23 anni ed incensurato (solo una denuncia per guida senza patente) , il secondo 18 anni ma già con precedenti per lesioni e resistenza a pubblico ufficiale e il suo nome compare anche in un’altra inchiesta che lo indica quale protagonista di alcune rapine ai danni di minorenni sul Lungomare. Sono legati al clan Elia del Pallonetto di Santa Lucia sotto il controllo del boss Michele “’e tribunale”. ed è per questo che investigatori tendono a classificare la “stesa” del 7 ottobre, ma non solo quella come un chiaro segnale di sfida delle giovani leve, con i capi in carcere, per marcare la propria supremazia e il loro potere. Lo “sconfinamento” ha un sigificato ben preciso: “ora ci siamo noi e arrivamo dove vogliamo”. Non si spara in strada davanti a decine di persone per scena o per vanto. Lo si fa e lo si è fatto nel caso dei due cugini Rizzo per dare un segnale ben preciso ai “nemici”. Il modo teatrale poi rappresenta un altro segnale di forza del gruppo che ha voluto dimostrare come tanti giovani li abbiano seguiti per filmare in diretta la “stesa”. Aveano dato appuntamento a tutti gli amici attraverso gli sms e whatsapp.Il solito tam-tam social:”Ci vediamo stasera in piazza, davanti alla fontana, a piazza Trieste e Trento”.
Ed eccola la scena del crimine ripercorsa grazie alle immagini del sistema di videosorveglianza comunale e al lavoro certosino e meticoloso dei carabinieri della compagnia Napoli Centro guidata dal capitano Michele Centola. È il sette ottobre scorso: da piazza del Plebiscito arriva a tutto gas un Honda SH bianco con due persone sella. Uno dei centauri estrae la pistola e inizia a sparare ma l’esibizione non va a buon fine perché la pistola si inceppa. I due in sella motorino allora tornano indietro e passano davanti alla folla di amici, tra cui anche alcune ragazze, radunate all’angolo di piazza Trieste e Trento. Uno mina con la mano la pistola e quello seduto sul sellino posterore fa cenno con il capo di ok. I due pistoleri ritornano dopo pochi secondo e questa volta va tutto bene: la canna dell’arma puntata al cielo, sei colpi in rapida successione. Applausi e urla d’incitazione dalla folla che scatta selfie e registra video col telefonino. I proiettili schizzano ovunque, uno penetra il vetro della finestra e va a conficcarsi nel soffitto dell’appartamento in cui abita Antonino Salvia, il figlio dell’ex direttore del carcere di Poggioreale che venne assassinato dalla camorra cutoliana il 14 aprile del 1981. Solo il caso evita la tragedia: in quella stanza dormiva la moglie di Salvia, salva per miracolo. L’esibizione è andata a buon fine. Il segnale è lanciato. Sui loro gruppi social i video girano con i commenti. Ma la camorra 3.0 dei video in diretta sui social ieri ha avuto l’ennesimo colpo da parte dello Stato con l’arresto dei due baby attori pistoleri.