Testimoni, tra cui lo stesso soccorritore, che correggono nel corso dell’inchiesta le loro dichiarazioni tanto che non è stato possibile stabilire con esattezza il luogo esatto e la posizione in cui venne trovato il corpo agonizzante della bambina. Reticenze e contraddizioni che sconfinano nell’omertà per far sì che il caso venisse archiviato come un incidente e non si scoprisse la terribile verità, ovvero che Chicca non era precipitata giù dal palazzo per una fatalità, ma era stata gettata da qualcuno, probabilmente per impedire che si scoprissero gli abusi che la bimba subiva da anni. E il mistero di una scarpetta della vittima che non verrà mai trovata. E’ stata un’indagine complessa quella che ha portato alla individuazione del presunto responsabile dell’omicidio della piccola Fortuna Loffredo che è stata ricostruita oggi, soprattutto nelle due fasi iniziali, nell’aula della quinta sezione della Corte di Assise dove sono stati ascoltati, in qualità di testi, due sottufficiali dei carabinieri che per primi si occuparono del caso. I marescialli Gallo e Martino, della tenenza di Caivano, intervennero la mattina del 24 giugno 2014 appena appresero la notizia che una bimba era stata portata in gravissime condizioni all’ospedale di Frattamaggiore dopo essere caduta da un edificio del Parco Verde. Gli investigatori (che hanno risposto alle domande dei pm Claudia Maione, dei legali della difesa e delle parti civili del presidente della Corte Alfonso Barbarano e del giudice a latere Anna Lisa De Tollis) raccolsero i primi racconti degli inquilini e della gente del rione (nessuno vide la bimba cadere, qualcuno dichiarò di aver sentito un tonfo), e dei due – un operaio che abito al terzo piano e una donna – che soccorsero Chicca e la portarono in auto all’ospedale. I militari interrogarono poi in caserma le deposizioni degli inquilini – in primo luogo quelli che abitano sulla verticale di otto piani dove era presumibilmente la bambina – e eseguirono sopralluoghi nel palazzo. E notarono subito che per quanto i finestroni al terzo e all’ottavo piano fossero privi di protezioni, sarebbe stato impossibile per una bambina di sei anni scavalcare una inferriata di un metro e trenta il che faceva ipotizzare che qualcuno l’avesse scaraventata giù. L’accesso al terrazzo – dal quale poi, sulla base degli sviluppi dell’inchiesta, si riterrà sia stata lanciata – era chiuso con un lucchetto, e la chiave per consentire ai carabinieri il sopralluogo fu consegnata da Claudio Luogo, ex compagno della mamma di Fortuna, che abita sul pianerottolo. Ma i sospetti restarono tali fino a quando l’autopsia non accertò le violenze sessuali e dalle microspie collocate in numerosi appartamenti del caseggiato non squarciarono il velo di omertà: gli inquirenti ascoltarono infatti Marianna Fabozzi – imputata in questo processo per gli abusi che avrebbe coperto – che diceva alle figlie di non riferire agli inquirenti quello che sapevano. Sarà questa circostanza a imprimere la svolta alle indagini, visto che una delle amichette di Fortuna riferì ai magistrati che Chicca era stata scaraventata dal terrazzo da Raimondo Caputo detto Tatò (ex compagno di Marianna), dopo che si era opposta a un tentativo di violenza. La madre di Chicca, Domenica Guardato, ha seguito con attenzione tutte le fasi della deposizione degli investigatori. ”E’ duro guardare chi ha ucciso mia figlia”, ha detto Mimma ai giornalisti prima dell’inizio del processo. “Dice di non essere stato lui? Secondo le prove della Procura è stato lui”, ha aggiunto Domenica Guardato. E, una volta in aula, per l’intera udienza durata circa quattro ore, non si è voltata mai verso la gabbia dove erano rinchiusi Tatò e Marianna. Chi sembra invece poco convinto della colpevolezza dell’imputato è il padre della bimba, Pietro Loffredo che, assistito dagli avvocati Angelo e Sergio Pisani, sembra voler puntare l’indice contro un altro inquilino del palazzo. I suoi legali stanno svolgendo indagini difensive nell’ambito delle quali un testimone avrebbe dichiarato che il corpo di Fortuna fu spostato, ribadendo che nessuno la vide cadere. Il processo riprenderà il 30 novembre con l’interrogatorio in qualità di testi di altri investigatori.
C’è stato un fuori programma nel corso del processo che ha visto come protagonista il padre di Fortuna Loffredo, Pietro, è stato ripreso in aula dal presidente della quinta sezione della Corte d’Assise di Napoli, Alfonso Barbarano, spazientito per alcuni comportamenti assunti dall’uomo che si è costituito parte civile nel processo. Mentre venivano ascoltati come testimoni i carabinieri che si sono occupati delle primissime fasi delle indagini, Pietro Loffredo ha mostrato più volte segni di impazienza, in un paio di casi anticipando ad alta voce la risposta alle domande poste al testimone da pm e avvocati. Al suo tentativo di intervenire in un momento di pausa, il giudice lo ha ammonito una prima volta: “Comprendiamo il suo dolore – ha detto – ma un processo ha delle regole che vanno rispettate. Lei ha un ottimo difensore che farà valere le sue ragioni e le ricordo che solo l’imputato può fare dichiarazioni spontanee”. Notando dopo alcuni minuti nuove manifestazioni di impazienza da parte dell’uomo, il giudice lo ha ripreso una seconda volta: “La invito a stare seduto, se lei distrae, interviene e si muove, deconcentra i presenti. Un processo si celebra, come una messa. Faccia conto di stare in una chiesa”.
Poi Pietro Loffredo, il papà di Fortuna, ha rilanciato le accuse a Pomeriggio 5 su Claudio Luongo, il nuovo compagno di Domenica Guardato, la mamma di Fortuna: “Oggi sono usciti dei nuovi elementi: quel giorno un testimone ha visto entrare insieme nel palazzo mia figlia e Claudio. Ma come mai è uscito fuori solo adesso? Perché Claudio non l’ha detto prima? Sto processo è tutto sbagliato, hanno dato subito la colpa a Raimondo Caputo”. L’inviata, inoltre è riuscita a intervistare un uomo che non si è voluto far riprendere e in merito alla morte di Fortuna ha dichiarato: “La bambina è stata spostata, non stava nel posto in cui sono stati fatti i primi rilievi, inoltre quelli del palazzo di fronte non l’hanno vista cadere e nemmeno hanno sentito il tonfo”.
“Stanno emergendo nuovi punti da chiarire nell’accertamento della verità sulla morte di Fortuna”. Lo ha detto l’avvocato Angelo Pisani che con Sergio Pisani difende Pietro Loffredo padre di Fortuna – la bambina morta il 24 giugno 2014 nel Parco Iacp di Caivano (Napoli) – nel processo per omicidio della piccola. Oggi, durante l’udienza nel Palazzo di Giustizia di Napoli, sono stati ascoltati i carabinieri intervenuti subito dopo la tragedia. “Sarà un processo – ha aggiunto Pisani – che rivelerà ancora molte sorprese ma anche circostanze che aiuteranno a scoprire la verità”.