“Qua, se si pente Antonio Lo Russo siamo rovinati… fa il ter­remoto dell’80”. La preoccupazione degli affiliati sulla collaborazione del boss

“Qua, se si pente Antonio Lo Russo siamo rovinati…”, è la frase contenuta in una intercettazione telefonica che fa parte dell’inchiesta Megaride quella che nei giorni scorsi è costata la condanna definitiva ai ristoratori Bruno e Salvatore Potenza, legati a doppio filo a Salvatore Lo Russo, padre di Antonio e primo pentito della stirpe dei “capitoni” di Miano. La preoccupazione su un eventuale pentimento del giovane rampollo della famiglia Lo Russo la dice lunga su quale potranno essere le ripercussioni giudiziarie nel mondo criminale napoletano, di tutta la città di Napoli e non solo di quella a Nord. Perché i Lo Russo in 30 anni di camorra hanno avuto legami con tutti. E proprio per far capire la portata del suo pentimento ecco un’altra conversazione intercettata dagli investigatori e contenuta nell’inchiesta del 12 gennaio scorso che portò all’emissione di ben 21 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettante persone legate proprio ad Antonio Lo Russo. Tra questi figurano due insospettabili come  Giovanni Campaiola e Luigi Forino che si erano occupati della sua latitanza. I due ragionavano sui rischi di una collaborazione del loro capo.

Diceva Campaiola: “Lo chiama il giudice in quel momento.Dice: ‘Vieni qua’. Ma poi, se vogliamo, cosa ha da raccontare que­sto Tonino?”.

Forino rispon­deva sboccato: “Eh, il c…”.

E Campaiola gli faceva eco riferendosi ad un omicidio. “I due dentro l’agenzia.Quella è l’ultima stronzata”.

E Forino aggiungeva: “Il compare l’ha comandata lui tre anni fa, proprio lui perché il padre non c’era più. Quello se si pente  fa il ter­remoto dell’80”.

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