Serie A, batosta Juve: e ora tutti ci credono di nuovo

“Se salta il closing sono pronto a tenermi il Milan con tanto piacere”: cosí parlo’ Berlusconi. E subito torno’ mago. Per i suoi fedeli ritrovati – quelli che gli hanno dedicato la splendida scenografia del derby facendolo piangere di gioia e nostalgia – ma anche per tanti avversari: tutti insieme prima hanno assistito alla bella vittoria del Milan a Empoli con doppietta del Lapadula risorto, poi hanno visto, tremando o esultando, la Juve cadere rovinosamente a Marassi davanti al Genoa e al Cholito Simeone. Per carita’, c’e’ ancora un gruppetto di concorrenti da tenere a bada, Roma, Napoli, Lazio, Torino e la splendida Atalanta sognano tutti un posto al sole, sia tricolore o europeo, ma intanto il Milan di Montella cresce, si fa anche bello. Per Berlusconi, nel tentativo di tener lontani i cinesi di sponda rossonera indecisi al punto di far pensare a una restaurazione berlusconiana. I critici piu’ smaliziati tendono ad allontanare il fantasma del Cavaliere, convinti che il ritardo del closing sia solo una sua scelta politica, un modo per evitare di presentarsi al referendum senza Milan, ovvero senza il valore aggiunto del calcio che secondo tanti ne ha agevolato la irresistibile ascesa. Ma il calcio non fa complotti, il campo e’ abitualmente sincero (esclusi certi arbitraggi) e i sogni di rivincita sono palesemente offerti dalla Juventus; la Signora, non contenta di aver perso i confronti d’alto livello con Inter e Milan, s’e’ offerta alle brame genoane addirittura disarmata; quello che accadde l’anno scorso – tre sconfitte a inizio campionato e una conclusione strepitosamente felice, con il quinto scudetto consecutivo e gli avversari impietosamente seminati lungo il percorso – dovrebbe indurre a prudenza; ma alcuni dettagli inducono i numerosi nemici della Juve a sperare che i giochi non siano gia’ fatti, anzi si siano complicati. Nell’ordine i motivi: il centrocampo bianconero mai nato, neppure dopo il recupero di Marchisio e per la perdurante assenza di Pjanic; la mitica difesa, retta in assenza di Chiellini e Barzagli dal solo Bonucci, peraltro stanco e ferito, e’ storicamente persa anche per la Nazionale; infine – ma vorrei dire innanzitutto – il penoso ridimensionamento di Higuain deciso da Allegri. Fa pena, il Pipita, non tanto ai napoletani che cinicamente se la godono; non solo agli juventini che in parte non hanno mai accettato la supermilionata offerta allo scaltro De Laurentiis; ma anche ai veri appassionati d’Italia e d’Argentina che assistono impotenti alla distruzione di un mito. Quando Allegri l’altro giorno se n’e’ uscito con il compromettente annuncio di potersi giocare lo scudetto in quattro partite non esagerava, non faceva il furbo, il gradasso, ma s’immaginava tempi duri: e il Genoa gli ha dato dolorosamente ragione. Come fece l’anno scorso con Dybala, tenendolo un panchina mentre la Juve da lui scelta perdeva partite incredibili con avversari incredibili, cosí oggi si parla di un “caso Higuain”, confermando le voci malevole secondo le quali Allegri avrebbe fatto volentieri a meno del bomber argentino e che addirittura la Juve lo abbia acquistato solo per impoverire tecnicamente il Napoli. Succede. E’ gia’ spesso successo. A noi che osserviamo e non tifiamo (a questo livello…) piace solo l’idea che il campionato non si risolva in quattro partite ma duri fini a maggio.


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