Era stato costretto a pagare tangenti sia al clan Loreto-Ridosso che ai Cesarano, alleati con Matrone. Il titolare della Sala Bingo di Scafati, Pietro Palomba, si trovò nella morsa dei gruppi criminali. Era il 2015 quando fu avvicinato da esponenti del clan Cesarano che pretendevano una tangente annuza di 50/60mila euro. Una tassa annuale alla quale Palomba non potette sottrarsi, nonostante avesse ripetuto ai suoi interlocutori e in particolare a Giovanni Cesarano, detto Nicola, esattore della cosca di Ponte Persica che lui il pizzo lo pagava già e al clan Loreto-Ridosso. Ma non ci fu verso e dopo essere stato convocato presso un’officina di Scafati cercò di ‘tirare’ sul prezzo. Avrebbe potuto, al massimo, pagare 24mila euro. In tre rate. Il riferimento dei Cesarano era Michele Matrone, figlio di Franchino. E’ a lui che Pietro Palomba dovette fare riferimento quando i Cesarano non vollero sentire ragioni. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, in quella fase Michele Matrone, su indicazione del padre, si era alleato con il potente clan di Pompei-Castellammare fungendo da collettore di tangenti sul territorio scafatese. Fu Michele Matrone a ribadire alla vittima che avrebbe dovuto versare 5mila euro al mese in cambio della tranquillità. Lo fece in un incontro al Plaza nel quale Michelino Matrone ricordò al titolare del Bingo che avrebbe dovuto adeguarsi alle richieste, visto che i colleghi di Pompei – i fratelli Moxedano – facevano altrettanto. La vittima tirò sul presso, cercò di risparmiare un po’ di soldi sostenendo che avrebbe potuto pagare solo 24mila euro. Michele Matrone allora temporeggiò: “Mi devo consultare con Gigino Di Martino, ‘o profeta. Poi vediamo”. La risposta dei Cesarano arrivò presto e a consegnare il messaggio, direttamente a Palomba presso la sala Bingo di Scafati, fu Michele Matrone insieme al suo guardaspalle Vincenzo Pisacane. “Gigino ‘o profeta dice no”. Ma Palomba nel frattempo aveva avviato opera di convincimento allo sconto con Giovanni Cesarano. Pochi giorni dopo, agli inizi del 2015, Palomba consegnò nelle mani di Michele Matrone la prima tranche della tangente: 7mila euro. L’accordo era che per le festività gli uomini del clan Cesarano-Matrone avrebbero dovuto riscuotere. La seconda tranche fu versata alcuni mesi dopo, a Pasqua, nelle mani di Fiorentino Di Maio. ‘O castelluono li avrebbe portati a Gigino Di Martino ‘o profeta. Di Maio mal sopportava il fatto che poco tempo prima, Pietro Palomba, aveva pagato al clan Loreto-Ridosso una somma di 2400 euro, mentre si era dimenticato di onorare il ‘debito’ con i Cesarano-Matrone. Il titolare del Bingo fu convocato anche successivamente, fino agli inizi del 2016, per costringerlo a pagare quanto pattuito. Ma poi l’inchiesta e le indagini in corso hanno fermato gli esborsi di danaro pretesi dalla camorra. (r.f.)
(nella foto l’ingresso della sala bingo di scafati in via pasquale vitiello e nei riquadri da sinistra il boss del clan cesarano Luigi Di Martyino, giggino ‘ o profeta e Antonio Matrone detto Michele figlio del boss ergastolano di Scafati, Franchino ‘a belva)