Camorra, l’Alleanza di Secondigliano comanda ancora su Napoli e provincia

Il quadro dell’alleanza criminale descritto dalla Procura vede il clan Mallardo (attivo a Giugliano in Campania e nel rione Vasto a Napoli) fare la parte del leone. Le indagini svolte a partire dal 2014 hanno appurato – sottolineato Borrelli e Beatrice – il ruolo di assoluto leader di Francesco Mallardo, intercettato mentre era ai domiciliari a Sulmona. Sono state proprio le sue stesse dichiarazioni, rese in conversazioni telefoniche, a dimostrare l’alleanza con i clan Bosti e Contini al punto che era il Mallardo a dare il placet per investimenti di rilievo della consorteria criminale. La specificità della vasta organizzazione dei Mallardo, e più in generale dell’Alleanza di Secondigliano, sta “nella compartecipazione occulta in società di varia tipologia e nelle capacità di queste nell’assumere un ruolo di preminenza in diversi mercati. Svolte nell’arco di sei anni di tempo, le indagini hanno dimostrato l’operatività del gruppo in vari settori. Da qui la formulazione di specifiche ipotesi di delitti-fine (riciclaggio, esercizio abusivo del credito, violenza privata, illecita concorrenza svolta mediante violenza e minaccia, intestazione fittizia di beni) accanto alla contestazione della partecipazione associativa

Tre matrimoni che si sono trasformati in una vera e propria alleanza criminale unendo tre capi clan: Anna, Rita e Maria Aieta hanno infatti sposato rispettivamente Francesco Mallardo, Eduardo Contini e Patrizio Bosti. E’ la nota firmata dal Procuratore della Repubblica di Napoli Giuseppe Borrelli e dall’Aggiunto Filippo Beatrice. Alle prime luci dell’alba e’ stata eseguita l’ordinanza cautelare personale e reale emessa dal GIP su richiesta della DDA della Procura di Napoli a carico di esponenti del clan Mallardo, a seguito di indagini svolte dal Gico della Guardia di Finanza, dalla DIA di Napoli, dalla Squadra Mobile della Questura di Napoli, dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Castello di Cisterna. L’ordinanza cautelare riguarda il gruppo criminale Mallardo che fa capo allo stesso Francesco, storico capo del clan, attivo sia in Giugliano sia nella zona del Vasto della citta’ di Napoli. Le indagini si sono sviluppate in un ampio ambito temporale raccolgono elementi che dimostrano la costante operativita’ di tale gruppo all’interno del clan Mallardo, della attuale esistenza della cosi’ detta ‘Alleanza di Secondigliano, di proficui rapporti tra il clan Mallardo ed altri clan operanti nelle zone limitrofe, sia nella provincia settentrionale di Napoli, che a Napoli. Le attivita’ investigative confluite nel procedimento hanno riguardato un considerevole lasso temporale (anni 2010-2016) ed hanno dato conto della operativita’ di questo gruppo camorristico in diversi settori, cio’ ha consentito anche la formulazione di specifici ipotesi di delitti (riciclaggio, esercizio abusivo del credito, violenza privata, illecita concorrenza svolta mediante violenza e minaccia, intestazione fittizia di beni) accanto alla contestazione della partecipazione associativa. Le misure cautelari personali sono state emesse a carico di Anna Aieta, moglie di Francesco Mallardo, e di Lucente Salvatore, genero dello stesso capoclan, che si sono rivelati essere i veri motori della consorteria. Secondo quanto ritenuto dal GIP nella ordinanza cautelare essi, oltre ad essere ed i principali interlocutori di Mallardo Francesco ed esecutori delle sue disposizioni, rilevanti per la prosecuzione della vita del clan, “si pensi – e’ scitto nella nota della Procura – alla divisione ed alla consegna degli stipendi agli affiliati, a provvedimenti da assumere nei confronti dei consociati, hanno mostrato di possedere una propria autonoma,una sfera decisionale ed una forte capacita’ organizzativa in relazione ai diversi settori di interesse del sodalizio. Aieta Anna in quello dell’esercizio abusivo del credito e Lucente nel controllo delle distribuzione del pane, nella gestione di supermercati e di rivendite di fuochi pirotecnici e di caseifici. “L’attivita’ nel settore della panificazione e dei supermercati per il clan – hanno sottolineato Borrelli e Beatrice – si e’ rivelata rilevante per il riciclaggio di provviste di origine illecita, per la mimetizzazione dell’attivita’ degli affiliati, primo tra tutti Lucente Salvatore, quali meri operatori economici e di controllare diversi settori commerciali (panifici, caseifici, supermercati, fuochi di artificio)”. Tra i destinatari della misura cautelare c’e’ anche Ciro De Fortis Nadi, prestanome di Salvatore Lucente, imprenditore storicamente attivo nel settore della distribuzione del pane che ha preso lo stesso Lucente come socio di fatto in diverse societa’, condividendo con lui strategie imprenditoriali e acquisendo dallo stesso provviste liquide che reimmetteva, proprio attraverso le diverse societa’, nei circuiti economici leciti. Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati beni mobili e immobili, piu’ attivita’ produttive e commerciali, per un valore di 10 milioni di euro.

I compiti. Anna Aieta era responsabile dell’esercizio abusivo del credito (prestiti in danaro), nonché della corresponsione degli stipendi agli affiliati, mentre a Salvatore Lucente competeva il controllo delle distribuzione del pane, della gestione di supermercati e di rivendite di fuochi pirotecnici e di caseifici. Una ripartizione dei ruoli ben definitiva che rendeva il clan Mallardo il più potente e ricco dell’Alleanza di Secondigliano. Tanto che, secondo gli investigatori, gli investimenti più importanti che impegnavano somme ingenti di danaro depositate nelle casse comuni con il clan Bosti/Contini richiedevano sempre il placet di Francesco Mallardo. Non si muovevano milioni senza il suo consenso. Il potere di Anna Aieta. Ma Anna Aieta non era solo un’ottima amministratrice e una buona imprenditrice. Sapeva anche cacciare le unghie al momento giusto e far balbettare dalla paura chi pestava i piedi ai suoi conoscenti e ai suoi familiari. Il potere intimidatorio che le deriva dall’appartenenza al clan lo mostra nel corso di un’intercettazione in cui si interessa di un “cavallo di ritorno” di 1500 euro a seguito del furto di un’autovettura ai danni di una parente, una certa “Raffaelina”. La lady camorra chiama il presunto estorsore, un certo “Piopa” (forse abbreviativo di Pio Paolo, ndr), imponendogli, senza mezzi termini, la restituzione dei 1500 euro ottenuti a titolo di “cavallo di ritorno”. “Ho chiamato Piopa”, dice la Aieta durante una conversazione con la sorella Rita – l’ho fatto arrevotare. Incacagliava, non parlava più. Gli ho detto: “dì al figlio di vermiciello (suo complice, ndr) di portare i soldi altrimenti”.


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