Caso Maugeri, Formigoni condannato a sei anni. La difesa: “Non era corruzione ma cortesie. Ricorreremo in Appello”

Milano. Caso Maugeri: si è concluso con 5 condanne e 5 assoluzioni il processo milanese. Dura condanna per l’ex presidente della Lombardia Roberto Formigoni: sei anni di reclusione a fronte dei nove richiesti e assoluzione dall’accusa di associazione per delinquere. I giudici della decima sezione penale del Tribunale di Milano hanno condannato per corruzione, ma non per associazione a delinquere l’ex presidente di Regione Lombardia Roberto Formigoni a 6 anni di reclusione. Formigoni è anche stato interdetto dai pubblici uffici per al durata della pena e condannato a risarcire, in solido con Daccó e Simone, 3 milioni di euro di provvisionale alla Regione Lombardia, che si era costituita parte civile. La pena più pesante è stata inflitta ala faccendiere Pierangelo Daccó, condannato a 9 anni e 2 mesi (la Procura per lui aveva chiesto 8 anni e 8 mesi) e l’ex assessore Antonio Simone, a cui sono stati inflitti 8 anni e 8 mesi, come aveva chiesto la Procura. Sette anni sono stati inflitti all’ex direttore finanziario della Maugeri Costantino Passerino (la richiesta era stata di 8 anni e 8 mesi), mentre l’imprenditore Carlo Farina è stato condannato a 3 anni e 4 mesi ( erano stati chiesti 5 anni e 6 mesi). Assolti con formula piena, invece, l’ex direttore generale della Sanità lombarda Carlo Lucchina, lo storico braccio destro di Formigoni Nicola Sanese, il commercialista e coinquilino di Formigoni nella casa dei ‘Memore Domini’ di Cl Alberto Perego, la dirigente del Pirellone Alessandra Massei e la moglie di Daccó, Carla Vites. Al centro del processo, c’era il presunto “sistema corruttivo” messo in piedi da Formigoni tra il 1997 e il 2011 che per i pm Laura Pedio e Antonio Pastore ha portato a sottrarre “oltre 70 milioni di euro alle cure dei malati lombardi. Milioni di euro pubblici finiti in una percentuale del 25 per cento nelle tasche di Pierangelo Daccò e Antonio Simone per finanziare i sollazzi di Formigoni, dei suoi familiari e dei suoi amici”. Il Tribunale di Milano ha anche disposto al confische dei beni per un importo complessivo di oltre 53,8 milioni. In particolare nei confronti di Roberto Formigoni i giudici hanno disposto la confisca di 6.626.961 euro, ad Antonio Simone la confisca di oltre 15,9 milioni, a Pierangelo Dacco’ di 23.353.028 euro e a Costantino Passerino la confisca di oltre 8 milioni. Al termine della lettura del dispositivo, durata oltre 20 minuti, i pm Laura Pedio e Antonio Pastore si sono abbracciati fuori dall’aula.La confisca all’ex Governatore riguarda quadri, quote di proprietà di sette ‘abitazioni’ (da San Remo a Lecco fino ad Arzachena), di due box, di un terreno, di un ufficio e di un ‘negozio’ a Lecco, oltre a tre auto e conti correnti. E’ quanto risulta dal dispositivo della sentenza di otto pagine letto oggi in aula dai giudici della decima sezione penale – Gaetano La Rocca, Angela Laura Minerva, Marco Formentin -. Con la sentenza i giudici hanno decretato a carico di Formigoni anche la incapacità “di contrattare con la pubblica amministrazione per tre anni”, mentre hanno stabilito che i due reati di corruzione contestati e per cui è stato condannato decorrono “dal settembre 2006” e sono state “escluse le vicende di Tradate, Camaldoli e Dardanoni”. Le provvisionali di risarcimento di tre milioni, in totale, a favore della Regione Lombardia sono da ritenersi a carico in solido tra Formigoni, Daccò e Simone. Per Daccò è stata decisa una confisca di circa 34 milioni di euro, la più alta tra gli imputati. Nel processo i pm avevano fatto acquisire verbali, e-mail e documentazione contabile riferibile “all’acquisto di alcuni quadri”, tra cui una “Madonna del ‘600 e altri dipinti di scuola lombarda e napoletana” che sarebbero stati regalati all’ex Governatore. Nell’ambito delle indagini sulle presunte spese ‘pazze’ dell’ex presidente di Ferrovie Nord Milano Norberto Achille, infatti, il responsabile di un audit interno aveva spiegato che “sono stati individuati acquisti di 4 quadri” che sarebbero stati regalati all’allora Governatore. Da qui la confisca dei dipinti. “Non condividiamo la sentenza e presenteremo ricorso in appello dopo aver letto le motivazioni: ci preme sottolineare che è caduta l’accusa di associazione per delinquere sulla quale poggiava l’impianto accusatorio, che rivela un certo carattere di montatura”. Ha detto l’avvocato Luigi Stortoni, uno dei difensori dell’ex presidente. “L’assoluzione dei funzionari della Regione dimostra che le attività erano svolte in maniera legale – ha proseguito – e che la sanità lombarda era gestita correttamente. Questo conferma che i cosiddetti benefit non erano corruzione ma ‘cortesie’. Andremo davanti alla Corte d’Appello – ha concluso – sono convinto che un clima rasserenato dal tempo consentirà di valutare la realtà dei fatti e anche questa condanna per corruzione verrà superata”.

Il presunto scandalo con al centro la fondazione pavese Salvatore Maugeri, che si occupa in particolare di riabilitazione in campo sanitario, era scoppiato nell’aprile del 2012. Secondo l’accusa, dalle casse della Fondazione Maugeri sarebbero usciti, tra il ’97 e il 2011, circa 61 milioni di euro e dalle casse del San Raffaele (altro filone del processo), tra il 2005 e il 2006, altri nove milioni. Soldi che sarebbero confluiti sui conti e sulle società di Pierangelo Daccò e Antonio Simone, presunti collettori delle tangenti, i quali poi avrebbero garantito circa otto milioni di euro in benefit di lusso, tra cui l’uso di yacht e il pagamento di vacanze, a Formigoni. E lui in cambio, stando alle indagini condotte dalla polizia giudiziaria (Gdf e Polizia), avrebbe favorito la Maugeri e il San Raffaele con atti di Giunta, garantendo rimborsi indebiti per prestazioni sanitarie (circa 200 milioni per la Maugeri). I pm nella requisitoria avevano definito Formigoni il “capo” di un “gruppo criminale” che avrebbe “sperperato 70 milioni di euro di denaro pubblico con un grave danno al sistema sanitario” e una “corruzione sistemica durata 10 anni”.


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