L’ordinanza di custodia emessa nei confronti di Luca Materazzo, per l’omicidio del fratello Vittorio, è fondata soprattutto sui risultati dell’esame del Dna eseguito sugli oggetti ritrovati, tra cui il coltello utilizzato dall’assassino per il delitto e abbandonato a poca distanza dal luogo dell’omicidio. L’uomo non avrebbe fatto più ritorno nella sua abitazione dal ponte dell’Immacolata. Gli inquirenti spiegano che in quei giorni Luca Materazzo fu iscritto nel registro degli indagati come atto dovuto in quanto dovevano essere eseguiti gli esami scientifici e doveva essere consentito all’uomo sospettato del delitto di poter nominare propri consulenti. All’epoca tranne che una serie di indizi non vi erano elementi tali da poter adottare – spiegano in procura – provvedimenti restrittivi. Il decreto di fermo è stato emesso otto giorni fa, una volta ottenuti i risultati che attribuivano a Luca Materazzo le tracce individuate sugli oggetti e gli indumenti abbandonati dall’assassino e ritrovati dalla polizia poco dopo l’agguato. Il capo della procura di Napoli Giovanni Colangelo ha parlato di un “lavoro egregio svolto dalla polizia che tra l’altro in tempi record – ha evidenziato – è riuscita ad ultimare tutti gli accertamenti”. Il movente – si apprende – sarebbe costituito da questioni di interessi economici nell’ambito familiare e di eredità. La vittima, Vittorio Materazzo, 51 anni, aveva chiesto lo scorso anno di riesumare la salma del padre Lucio ritenendo che non fosse morto per cause naturali ma che fosse stato ucciso. Su questi contrasti familiari, nei giorni scorsi, è stata ascoltata dai pm come persona informata dei fatti l’ex compagna dell’ingegnere Lucio Materazzo.