Nessuno parla e ora tutto passa al Tribunale del Riesame. Entro questa settimana gli uomini del clan Ridosso-Loreto e quelli del clan Cesarano, arrestati la scorsa settimana faranno ricorso al Tribunale della Libertà di Salerno. Solo Roberto Cenatiempo, ritenuto l’uomo di fiducia di Alfonso Loreto e Luigi e Gennaro Ridosso nella gestione delle società di pulizie ha deciso di chiarire la propria posizione. Si è difeso sostenendo il suo ruolo di mero dipendente della Italia Service e della Italy Service, assunto con regolare busta paga e addetto alle pulizie. Il giovane, difeso dall’avvocato Caterina Faiella, già indagato nel procedimento per voto di scambio insieme al sindaco Angelo Pasqualino Aliberti e ad alcuni uomini del clan, è stato arrestato per associazione per delinquere dal Gip Pietro Indinnimeo su richiesta del pm della Dda, Giancarlo Russo. Secondo gli inquirenti, quello di Cenatiempo è un ruolo chiave. Esattore nella riscossione delle prestazioni che – attraverso le ditte di pulizie – venivano imposte tra Scafati e i Comuni limitrofi. Ma anche addetto alla divisione dei proventi tra Alfonso Loreto e i cugini Ridosso. In ogni caso, Cenatiempo continua a sostenere la sua estraneità all’associazione guidata dai rampolli dei vecchi boss ed ha elencato, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, una serie di elementi che dovrebbero essere a suo favore. Non c’è stata nessuna richiesta di scarcerazione da parte della difesa. La parola per lui e per gli altri arrestati passa al Tribunale del Riesame che entro la fine di dicembre dovrebbe fissare l’udienza per valutare se esistono le esigenze cautelari ravvisate dal Gip Indinnimeo. Tacciono invece, gli altri indagati – volti noti alle cronache giudiziarie – come Alfonso Morello e Dario Spinelli, il primo addetto all’usura, il secondo a riscuotere estorsioni per conto della cosca ormai decimata. Ma preferisce tacere anche Antonio Matrone, detto Michele, figlio del boss Franchino Matrone accusato di aver veicolato gli alleati del clan Cesarano e in particolare, Luigi Di Martino, nell’estorsione al gestore del Bingo di Scafati, Pietro Palomba. Si difendono così come avevano fatto già in passato i figli del pentito Romolo Ridosso, Salvatore e Gennaro, difesi dall’avvocato Luigi Spadafora. Non rispondono invece alle domande del Gip Alessandro Conti del Tribunale di Parma, che li ha interrogati per rogatoria Giovanni Cesarano detto Nicola di Pompei, Fiorentino Di Maio e Nicola Esposito, alias ‘o mostro di Castellammare, difesi dall’avvocato Massimo Autieri.