In principio fu il Castello Mediceo di Ottaviano, quello di Raffaele Cutolo che Tobia Antonio Polese, meglio conosciuto come don Antonio, comprò in nome e per conto del boss della Nco. E quello, il castello mediceo, trent’anni fa costò al ‘boss delle cerimonie’ una condanna per favoreggiamento personale nei confronti capocamorra Raffaele Cutolo. Poi per don Antonio e la famiglia Polese venne il rudere – trasformato in ‘castello’ dal 1979 al 2011- quello di Sant’Antonio Abate, in provincia di Napoli, La Sonrisa. Il regno del trush e del kitch. Il regno della sua celebrità, per il quale recentemente è stata disposta la confisca. Colpa di una condanna – un anno e 30mila euro di multa – per la moglie Rita Greco e del fratello Agostino Polese. Una lottizzazione abusiva e la confisca con l’acquisizione al patrimonio pubblico. Tra i due castelli e nella storia de La Sonrisa, un passato e un presente di celebrità, tra camorristi e vip dello spettacolo e dello sport, passando per la televisione, quella pubblica con oltre un decennio di ‘Napoli prima e dopo’ e finendo a ‘Il boss delle cerimonie’, la trasmissione di Real Time che ha consacrato don Antonio sull’altare della celebrità personale. Imprenditore nell’animo, una licenza elementare in tasca, l’italiano stentato di un uomo cresciuto con pane e intuizioni incredibili. Imprenditoriali. Tanti soldi ma con l’animo del risparmiatore, venuto da un’infanzia economicamente sofferta. E il trash, il cattivo gusto delle cose eccessive, sfarzose. Nel bene e nel male. L’oblio del passato e la morte, affondati nella celebrazione del personaggio ‘boss delle cerimonie’, divo Tv. Gli ultimi anni della sua vita sono state comparsate in televisione, ospitate in spettacoli di piazza. Antonio Polese ha cancellato così le ombre del suo passato e del suo recente familiare. Quello legato alla camorra. Alle amicizie politiche particolari. Oggi, il sindaco di Sant’Antonio Abate, Antonio Varone, l’ultimo dei tanti sindaci che don Antonio ha conosciuto, quello che dovrebbe acquisire al patrimonio pubblico il ‘castello’ La Sonrisa gli ha aperto le porte delle istituzioni, proclamando il lutto cittadino. Così come si fa per gli uomini delle istituzioni. Come si fa per gli eroi civili di un paese qualsiasi in questa Italia degli eccessi televisivi. Il sindaco celebra il cavaliere di Malta con le camicie di seta e i bottoni di brillanti, l’orologio d’oro al polso e il grosso anello luccicante. Il lutto cittadino per l’uomo dello spettacolo reso noto dalle imitazioni di Ciro Giustiniani, per il suo italiano inesistente e le finali sempre sbagliate, diventato famoso in Italia, ma anche in America dove don Antonio è sbarcato circa due anni fa con tutta la troupe televisiva per incontrare un altro boss ‘quello delle torte’. Se quelle pareti del Castello La Sonrisa potessero raccontare con gli occhi di Antonio Polese, narrerebbero i fasti di banchetti a base di ostriche e champagne per i festini, i matrimoni in particolare, di Gioacchino Fontanella e Maria Carfora, il boss del paese poi pentito e la moglie. Di Marianna Giuliano, figlia di Luigi ‘o re’ boss di Forcella e di Michele Mazzarella, il rampollo della cosca di Santa Lucia. Un’unione tra clan di quella Napoli che all’inizio del nuovo secolo cercava ancora un assetto criminale con un’unione d’amore. Ma anche quello del figlio di Mario Merola, amico fraterno di Antonio Polese, in cui sfilarono tutti i cantanti della vecchia Napoli su un palco da stadio. Ostriche e champagne anche in onore del grande Maradona e di Careca, due stelle del calcio mondiale, passando per Gloriana e per la Sofia Loren nazionale. Se fossero esisti già i selfie, quelli che don Antonio Polese ha fatto negli ultimi anni della sua vita con sposi, gente comune, bambini e personaggi dello spettacolo, le pareti della grande hall de La Sonrisa sarebbe un grande schermo gigante in cui far scorrere le immagini dell’opulenza ostentata. E i giardini sarebbero, come lo sono stati, set di film come Reality di Matteo Garrone e Matrimonio al Sud di Paolo Costella.
Oggi nel giorno della morte, l’oblio e la celebrità trash prende il posto di tanto altro. Prende il posto di un imprenditore che ha creato un castello a cinque stelle da un rudere del quale parla anche Raffaele Cutolo in una conversazione con la nipote intercettata in carcere. Cutolo dice di averci investito. E d’altronde se così fosse si spiegherebbe anche perché quattro personaggi di Sant’Antonio Abate e Castellammare, negli anni ’80, aiutarono il capo dei capi della Nco ad acquistare un castello vero, quello mediceo. Pagine dolorose, queste. Delle quali don Antonio si è liberato solo con ‘Il boss delle cerimonie’, pagine scritte finanche in quella biografia stampata a sue spese e pronta ad essere messa in vendita sull’onda del successo, nato con il lavoro in un’azienda casearia. Quella dei Polese. La sua vita un eterno Reality, durato 80 anni, tra latte e castelli passando per quella ‘camorra contadina’ per poi arrivare a quella napoletana dei Quartieri. “Collegare La Sonrisa alla criminalità non è diffamazione – ha scritto recentemente un giudice archiviando una denuncia per diffamazione – ma rientra nel diritto di cronaca”. Il complesso alberghiero con splendide suite ‘abusive’, dove fare una festa nuziale diventava kitch, sfarzo e notorietà insieme, refrain del classico ‘matrimonio napulitan’ è stato al centro di interrogazioni parlamentari sia per le trasmissioni Rai di ‘Napoli prima e dopo’ sia per quelle puntate di Real Time de ‘Il boss delle cerimonie’. Interrogazioni durissime, come quella di Arturo Scotto che parlò di stereotipizzazioni dei camorristi e della camorra opulenta. Don Antonio Polese, nel 2014, finì al centro della discussione parlamentare per aver sfruttato “l’antica camorra contadina che faceva affari con la macellazione abusiva e con il mercato del latte e delle mozzarelle che imponevano ai commercianti”. Accusato di aver nascosto fra e sue stanze Rosetta Cutolo, la sorella del boss, che in quelle stanze non fu mai trovata. Condannato a due anni e sei mesi per aver acquistato a nome di don Rafaele Cutolo il castello mediceo. Ha edificato per anni, stanza dopo stanza, il castello ora confiscato perché abusivo. Un passato cancellato dai docureality delle nozze di persone comuni. Dalle imitazioni di Giustiniani. Un passato cancellato dalla morte e da un imbarazzante lutto cittadino istituzionale per aver ‘esportato le bellezze di Sant’Antonio Abate in tutto il mondo’. Un paese guidato, fino agli anni 2000, dal sindaco Gioacchino Alfano, oggi sottosegretario alla Difesa, eletto parlamentare per la prima volta nel 2001. Compaesani celebri, i due. Con il parlamentare cresciuto all’ombra del grande castello. E con ‘Il boss delle cerimonie’ eroe italiano del kitch e dello stereotipo della camorra danarosa che spende migliaia di euro per le cerimonie nel “Castello”, famoso finanche in America.
Rosaria Federico

