Elena, la vedova di Vittorio Materazzo, l’ingegnere di 51 anni ucciso al viale Maria Cristina di Savoia lo scorso 28 novembre con 35 coltellate, e’ stata ascoltata questa mattina dal pubblico ministero Giugni. Il magistrato e’ quello che aveva archiviato la richiesta di riesumare la salma di Lucio Materazzo, capostipite della famiglia di costruttori napoletani, morto due anni fa ad 81 anni, in circostanze per il figlio ora scomparso poco chiare. Secondo Vittorio Materazzo era stato ucciso con del veleno e per questo, affidandosi all’avvocato Luigi Ferrandino, aveva chiesto che si indagasse, ma il pm aveva rigettato la richiesta. Fu presentata opposizione, con una denuncia per un presunto falso certificato medico che attestava la morte del costruttore. Sabato mattina gli agenti della polizia Scientifica di Napoli hanno depositato la perizia che avevano condotto sui 20 reperti raccolti sulla scena del crimini dai quali avevano estratto oltre 150 molecole per il Dna. La comparazione tra i risultati ottenuti con il codice genetico della vittima e dell’unico indagato, ovvero Luca Materazzo, fratello di Vittorio, e’ top secret. Intanto la difesa del ragazzo di 35 anni, cui si contesta il reato omicidio volontario, ha chiesto alla Scientifica di congelare i reperti trovati sulla scena del crimine per evitare la distruzione o la contaminazione delle tracce di Dna. Si tratta di un coltello da sub sporco di sangue, di una tuta, un foulard, un paio di guanti e un casco da motociclista. Oggetti questi ritrovati in un cassonetto per la spazzatura nei pressi della Riviera di Chiaia, pochi ore dopo il delitto.