Era in carcere da tre mesi per traffico di droga arrestato nell’ambito del maxi blitz “Italo” con 62 arresti tra Salerno e la Piana del Sele ma la notte di Natale è stato trovato privo di vita nel bagno della sezione lavoranti del carcere di Fuorni: il labbro spaccato e sporco di sangue, il collo ricoperto di lividi e il volto gonfio. Si chiamava Alessandro Landi e aveva appena 36 anni, salernitano del quartiere di Matierno.
“Mi hanno detto che è morto d’infarto. Ma io non ci credo. Aveva il viso gonfio, due lividi sul collo e un grumo di sangue sul labbro. Non so cosa sia accaduto e voglio andare fino in fondo». La moglie Annamaria Vitolo, 38enne di Matierno, ieri mattina ha sporto denuncia in questura, chiedendo alla magistratura di fare chiarezza sul decesso di suo marito. “Poco dopo le otto, un carabiniere si è presentato a casa per dirmi di contattare immediatamente la segreteria detenuti, perché dovevano darmi delle comunicazioni urgenti. Quando ho telefonato, mi è stato detto che mio marito era deceduto dopo un malore avuto nella notte e che la salma si trovava all’obitorio del Ruggi –ha raccontato al quotidiano La Città la signora Vitolo – A quel punto mi sono precipitata in ospedale con mio figlio, Francesco Pio, mia sorella Gaetana e mia madre Angela”. Medici e infermieri spiegano ai familiari del trentaseienne che l’uomo sarebbe morto di infarto in carcere intorno alle 2.40 di notte e che sarebbe arrivato già privo di vita al pronto soccorso intorno alle 7.30 del mattino. “Che cosa è successo durante queste ore? Non capisco perché abbiano fatto passare così tanto tempo prima di soccorrerlo. Per questo mi sono rivolta a un legale per chiedere che venga fatta l’autopsia. All’inizio non volevano farmi vedere mio marito. Poi, dopo aver contattato il 113, mi hanno fatto entrare con mio figlio. Mi è subito balzato agli occhi il labbro sanguinante e due lividi sul collo oltre che sul braccio. E poi il suo viso era livido e gonfio. L’ultima volta ci siamo visti venerdì, Alessandro sembrava in forma ed era sereno. Gli avevo portato il baccalà per Natale mi è sembrato tranquillo ed era riuscito anche ad uscire fuori dalla tossicodipendenza grazie al metadone. Fisicamente stava bene, lo avevano anche assunto come idraulico per fare dei lavori all’interno del carcere. E neppure in passato ha mai sofferto di problemi cardiologici. Non capisco che cosa sia dunque potuto succedere, ma di certo non credo che sia morto per un arresto cardiaco. Una colluttazione? Non saprei. I lividi potrebbero essere compatibili anche con una caduta. Confido nell’operato dei magistrati e spero che mi possano aiutare a capire. Se è vero che mio marito è giunto in ospedale solo alle 7.30, mentre l’orario del decesso è alle 2.40, mi chiedo cosa sia accaduto in queste cinque ore e perché non l’abbiano trasferito prima al pronto soccorso. L’infarto è una patologia che impone la massima celerità. Ritengo che sia mio diritto capire se la morte di Alessandro poteva essere evitata oppure no. Lo faccio per me e soprattutto per nostro figlio. Alessandro stava bene. Soprattutto nell’ultimo periodo aveva svoltato liberandosi dalla droga e trovando un lavoro all’interno della casa circondariale, con il quale mi aiutava ad andare avanti e a crescere il bambino. Non può essere capitato così, all’improvviso. E non avrò pace finché non sarò riuscita a capire come siano andate le cose. Spero che i magistrati mi aiuteranno a venirne a capo per non vivere per sempre con questo dubbio che mi tormenta”.