Come si dice in gergo “sta con un piede fuori dal carcere”. Il boss Luciano Mazzarella, figlio di “Ciro ‘o scellone” ha incassato ieri due clamorose scarcerazioni “virtuali” su due ordinanze di custodia cautelare del 2011 e del 2014 per la decorrenza dei termini di custodia cautelare massima. Al momento resta in carcere solo per l’ordinanza dell’ottobre scorso in cuè accusato di essere l’autore materiale dell’omcidio del cugino e rivale Andrea Ottaviano, uno dei ras di Forcella. Ma il suo avvocato difensore, Giuseppe De Gregorio, come riporta Il Roma, grazie a una minuziosa e martellante strategia difensiva, è infatti riuscito a ottenere un doppio risultato: sul fronte delle accuse per contraffazione, la Cassazione ha annulato senza rinvio il provvedimento, circostanza quest’ultima più unica che rara in sede cautelare. Una volta depositato il provvedimento della Suprema Corte, è facile ipotizzare che l’iter processuale a carico del 51enne ras, attualmente a giudizio con il rito abbreviato, si incanal iverso l’assoluzione.Per quanto concerne invece l’imputazione per camorra, nonostante le gravi accuse dei pentiti, Luciano Mazzarella è riuscito a ottenere, sia in primo grado che in appello, una condanna piuttosto mite: appena dieci anni di reclusione a fronte dei venti chiesti invece dal pubblico ministero della Dda. E anche questa circostanza ha finito per fare la differenza, in quanto, codice di procedura penale alla mano, per chi incassa una pena inferiore o uguale a dieci anni di reclusione i termini massimi di custodia cautelare, cioè i termini entro i quali deve essere condannato in via definitiva un imputato, non possono in nessun caso oltrepassare i quattro anni, che diventano sei per i reati più gravi.
Se fin qui il ras della Maddalena è quasi riuscito a scampare ben due accuse di 416 bis, il discorso rischia di farsi più complesso sul fronte dell’omicidio di Andrea Ottaviano. Stando all’ipotesi della Procura e a alle dichiarazioni rese da una raffica di pentiti, Luciano Mazzarella non avrebbe mai digerito il fatto di essere stato scalzato dal cugino nel controllo degli affari di “mala” tra la Duchesca e Forcella. Motivo per il quale nel 2011, appena tornato in libertà, lo uccise a colpi di pistola mentre, il complice, Luciano Barattolo, lo tratteneva.