Omicidio del tatuatore di Casavatore, Gianluca Cimminiello, la partita non è ancora chiusa. Alla sbarra, imputati in un altro processo, ci sono infatti il boss Arcan- gelo Abete e il suo braccio destro Raffaele Aprea. Entrambi torneranno in aula a inizio febbraio. Non si è ancora chiusa quindi l’ennesima pagina di cronaca giudiziaria napoletana che vede al centro un’altra vittima iunnocente. La condanna all’ergastolo comminata ieri al killer Vincezno Aprea ‘o luongo ha chiuso una fase. Ora a proceso ci sono due indicati dai pentti come il mandante e l’organizzatore.
Sia Aprea che Abete finirono nelle maglie della giustizia nell’ottobre di due anni fa, raggiunti da due ordinanze di custodia cautelare in carcere. In precedenza erano stati infatti condannati in quando ritenuti promotori e responsabili del cartello Abete-Notturno-Aprea, sottogruppo degli scissionisti della prima ora Amato-Pagano. Nel merito delle accuse che gli sono state mosse nell’ambito dell’inchiesta sul delitto Cimminiello, come ha ricordato Il Roma, Abete è finito alla sbarra per essere sospettato di essere il mandante, mentre “Lello” Aprea, stando a quanto rivelato da una raffica di collaboratori di giustizia, fu invece
l’organizzatore e il coesecutore materiale del delitto. L’ultimo in ordine di tempo a inquadrare i loro profili e loro responsabilità sulla morte del tatuatore di Capodichino è stato il pentito Biagio Esposito, ex uomo del clan Di Lauro in seguito transitato nelle fila degli Amato-Pagano: “Un giorno – ha spiegato in aula il 23 novembre scorso – venni a sapere che il cognato di Pagano, un certo Enzo (Vincenzo Noviello, ndr), era stato picchiato. Inizialmente lo appresi dai suoi parenti, ma al ritorno dall’ospedale fu lui stesso a riferirlo a me, Mariano Riccio e Carmine Cerrato. Prima ancora che ne parlasse con Pagano, proposi quindi di risolvere la faccenda andando al negozio del tatuatore per fargli una “mazziata”. Le cose, purtroppo, andarono molto diversamente. Il pentito ha infatti rivelato che «Cesare Pagano, il giorno stesso, fu informato dell’accaduto da Riccio e disse che il tatuatore non doveva essere ucciso, ma solo gambizzato. Que-
sti erano i patti. Gli Abete continuavano però a essere molto arrabbiati. A quel punto Aprea e “’o luongo” andarono a Milano per incontrare Abete. Tornati a Napoli, hanno fatto quello che hanno fatto e a noi questo non ci stava affatto bene”.