Riciclaggio, Laboccetta era l’uomo di fiducia di Corallo e legato alla società che si era aggiudicata la gestione telematica dei giochi

Un mare di soldi che dall’Italia ha raggiunto varie latitudini tra cui le assolate Antille Olandesi. Milioni e milioni di euro evasi al fisco dal ‘re delle slot’, Francesco Corallo. Figlio di Gaetano, ritenuto il ‘cassiere’ del potente clan catanese dei Santapaola, Corallo era a capo di una organizzazione che puntava al peculato, all’evadere il fisco del ricchissimo business delle ‘macchinette da bar’ col conseguente riciclaggio di cifre a sei zeri. Il tutto grazie ad una galassia di società, rigorosamente offshore, sparse in mezzo mondo. L’inchiesta della Procura di Roma, coordinata dal procuratore aggiunto Michele Prestipino e dal sostituto Barbara Sargenti, porta alla luce un sodalizio che da anni gestiva una gran massa di denaro in qualità di gestore primario delle video slot. Una maxinchiesta, partita nel 2004, che coinvolge anche Sergio e Giancarlo Tulliani, suocero e cognato dell’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini. I due sono indagati per il reato di riciclaggio in una indagine che sembra accendere un faro ‘definitivo’ sulla vicenda della compravendita di un appartamento a Montecarlo che coinvolse lo stesso Fini e fu al centro di una vicenda giudiziaria finita poi in archivio. Tra gli arrestati di oggi anche l’ex parlamentare del Pdl, Amedeo Laboccetta, fermato dai finanzieri dei Scico a Napoli. Quest’ultimo è uno degli uomini di fiducia di Corallo, e legato alla Atlantis world group e poi alla Bplus Giocolegale Ltd, società aggiudicataria della gestione telematica dei giochi. In base a quanto accertato dagli inquirenti la cifra sottratta dal 2004 al 2014 al fisco italiano e riciclata all’estero sfiora di 200 milioni di euro. Per il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, siamo in presenza di una “gigantesca attività di evasione fiscale. Quella di oggi è una operazione di eccezionale importanza perché per la prima volta si è svolta una attività su due continenti e una serie di strumenti di cooperazione internazionale”. Un filone importante dell’indagine si sofferma sull’attività dei Tulliani. In particolare Giancarlo, secondo quanto ricostruito, avrebbe messo a disposizione di uno degli arrestati, Rudolf Baetsen, legato all’imprenditore Corallo, due società offshore per poter far transitare i soldi destinati alle Antille. Dal canto suo Baetsen si sarebbe mosso per finanziare l’acquisto dell’appartamento di Montecarlo che era stata di proprietà di An attraverso tre società offshore riconducibili allo stesso Tulliani. Su questo fronte una svolta importante è arrivata nel corso di una perquisizione svolta novembre del 2014 presso una abitazione di Corallo, in piazza di Spagna a Roma. In quella circostanza gli inquirenti misero le mani su un pc dove erano presenti file che rendicontavano movimenti finanziari delle società riconducibili al “Re delle slot”. Tra le varie voci anche una che portava a Sergio e Giancarlo Tulliani. Corallo avrebbe accreditato ai Tulliani, su un conto corrente estero, circa 2 milioni e 400mila euro per una consulenza che gli inquirenti giudicano fasulla. Nel pc in possesso a Corallo quel passaggio di denaro e “giustificato” con la dicitura: “liquidazione attività estere – Decreto 78/2009, 2,4 milioni di euro”. Il decreto in questione è quello approvato nel 2009 e che garantiva ai concessionari dei video slot la possibilità di accedere, tramite specifiche garanzie, ai fondi per l’acquisto e per il collegamento delle slot.

 

(nella foto a sinistra amedeo laboccetta e a destra giancarlo tulliani)


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