– Gennaro Cesarano, 17 anni, Genny per gli amici, e’ una vittima innocente di un raid armato per dimostrare supremazia in un territorio da parte di un clan, le cosiddette ‘stese’ che a Napoli ormai segnano la vita di molti quartieri. E’ un punto nodale quello che evidenzia l’indagine della procura di Napoli che, anche grazie alle dichiarazioni di un pentito eccellente, il boss Carlo Lo Russo, ha portato a misure cautelari per Antonio Buono, Luigi Cutarelli, Ciro Perfetto e Mariano Torre, elementi della cosca Lo Russo. Il capoclan ora collaboratore di giustizia ha raccontato agli inquirenti come alle 4 del mattino del 6 settembre 2015 un suo ‘gruppo di fuoco’ passo’ a bordo di quattro scooter sparando davanti alla chiesa di San Vincenzo, nella pizza omonima al rione Sanita’, per dare una risposta a Pierino Esposito, boss della Sanita’, cercandolo anche tra i vicoli. Le moto di grossa cilindrata erano partite da Miano, il quartiere roccaforte dei Lo Russo, conosciuti anche come ‘capitoni’, gruppo che si stava riorganizzando ed estendendo. Esposito aveva infatti organizzato pochi giorni prima una ‘stesa’ a Miano, perche’, uscito dal carcere a luglio 2015, aveva deciso di far sentire la propria voce ai rivali. Luigi Cutarelli e Ciro Perfetto, tra l’altro, sono gia’ stati destinatari di un provvedimento restrittivo proprio per l’omicidio di Pierino Esposito.
”Oggi vince la verità”. Così Antonio Cesarano, padre di Genny, vittima di una ‘stesa’ nel Rione Sanità a NAPOLI la notte del 6 settembre 2015, commenta l’arresto delle 4 persone ritenute responsabili della morte del ragazzo. ”Io e la mia famiglia chiediamo giustizia per Genny – dice Antonio ai giornalisti nello studio del suo legale Marco Campora – ma quello che più conta è che nelle carte dell’inchiesta oggi ci sia chiaramente scritto che mio figlio non aveva nulla a che vedere con la camorra e che è una vittima innocente”. Antonio ricorda, con rabbia e tra le lacrime, i giorni successivi all’uccisione quando ”notizie diffuse da inquirenti ed organi di informazione” descrivevano il figlio come un affiliato ai clan e, per questo, probabile bersaglio di quel raid notturno. ”Era un bravo ragazzo ma ho dovuto gridarlo per giorni prima che dessero ascolto a me ed alle migliaia di persone scese in piazza per il funerale concesso, come si fa per un boss di camorra, alle 7 di mattina. Ora spero che lui riposi in pace. La nostra l’abbiamo persa quella notte”.