Camorra, il pentito Lo Russo: “Così sono fuggito per 4 anni. In Francia aiutato da un ristoratore amico del compare Cesare Pagano”

“Quando i carabinieri sono arrivati a casa per arrestarmi io sono scappato dal balcone della stanza da letto. Da li’ sono arrivato in strada e mi sono accorto che non avevano circondato l’edificio e se c’era qualche militare io non l’ho visto. Da quel giorno, erano i primi di maggio del 2010, sono scappato per quattro anni”. Il racconto della latitanza di Antonio Lo Russo, boss della camorra del quartiere di Napoli di Miano, diventato da due mesi collaboratore di giustizia, parte dalla sua rocambolesca fuga per il balcone di casa ed e’ datato 4 novembre del 2016, primo verbale che firma da ‘dichiarante’. La settimana precedente aveva chiesto di parlare con i pm. Nella scelta lo ha seguito anche la moglie Anna Gargano. Entrambi sono entrati nel programma di protezione. Questa mattina, grazie alle indagini degli uomini della Dia di Napoli, diretti dal capocentro Giuseppe Linares, e’ stato arrestato uno dei favoreggiatori del periodo di latitanza, dal 5 maggio 2010 al 2014, un insospettabile imprenditore, Luigi Scognamiglio, soprannominato Gigino Elite. “E’ un mio vecchio amico ed e’ titolare di una gioielleria a Chiaia – dice Lo Russo – si e’ messo a disposizione durante la mia latitanza e in particolare nel primo periodo, prima che andassi in Francia, mi ha ospitato nella sua abitazione in via Chiaia”.

Ma prima di arrivare a Luigi Scognamiglio, Lo Russo racconta le altre tappe della sua fuga dal quartiere di origine, pattugliato dalle forze dell’ordine che avrebbero voluto notificargli l’ordinanza per associazione camorristica e traffico di droga. “Subito dopo la mia fuga sono andato a casa di Crescenzo, un ragazzo che spacciava a Miano. Lui mi ha ospitato fino alle tre del pomeriggio e poi sono andato via per rifugiarmi in una fabbrica di cartoni al rione Berlingieri a Secondigliano. Li’ contattai Carlo Cipolletta che mi porto’ da Gigino Elite il quale si e’ messo a disposizione offrendomi ospitalita'”, spiega. Riferisce il pentito di essersi fatto accompagnare in auto dal suo affiliato fino ad un bar nel rione Don Guanella, suo quartier generale, e di essere salito sulla macchina di Scognamiglio che lo avrebbe portato direttamente nella casa di Chiaia: “Non dormiva con me, ma aveva una gioielleria nei pressi di casa e ogni giorno, quando chiudeva il negozio, mi portava il cibo gia’ cucinato e tutto quello che mi serviva. Restai li’ per un mese. Gigino ha provveduto anche a portarmi tutte le persone che io doveva incontrare: Salvatore Silvestri e Bruno Potenza ed e’ venuta anche mia moglie Annalisa”. Dopo Chiaia, chiese ai suoi affiliati di trovare un’altra sistemazione, ma in Francia, tramite un ristoratore che aveva gia’ aiutato Carmine Pagano, boss degli scissionisti di Secondigliano., che è stato suo compare di nozze. “Mentre loro si organizzarono per trovarmi un nuovo rifugio io mi spostai in una bella villetta nei pressi dell’uscita della Tangenziale di Capodimonte. Li’ sono rimasto solo una notte. Poi mi sono spostato a Parigi accompagnato in macchina da Gino Forino”, ricorda.

Intanto la Giunta Comunale di Napoli ha approvato oggi la delibera di costituzione di parte civile nel procedimento penale a carico 23 presunti esponenti del Clan Lo Russo per una serie di reati “molto gravi” nei territori di Miano, Marianella, Chiaiano, Piscinola, Rione Don Guanella , Colli Aminei, Sanita’. Tra i reati si annoverano: detenzione illegale e traffico di armi e proiettili, detenzione e commercio di stupefacenti, associazione di tipo camorristico, estorsioni, riciclaggio e reimpiego di denaro proveniente da attivita’ illecite, recupero violento del credito e di profitti illecitamente conseguiti, toto e lotto clandestino.


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