“Con commozione posso dire che abbiamo incastrato i presunti asssassini del povero Genny. Ringrazio la polizia, i magistrati che hanno lavorato fino allo stremo e il gip che ha accolto le nostre ricostruzioni”. Lo dice il procuratore di Napoli, Giovanni Colangelo, dopo l’arresto di quattro elementi del clan Lo Russo che hanno fatto parte del gruppo che il 6 settembre 2015 in un raid armato, una cosiddetta ‘stesa’, provocarono la morte di un 17enne, Genny Cesarano, che era con amici in piazza nel rione Sanita’ a Napoli. “Ventiquattro colpi di pistola. Un miracolo che non ci sia stato un altro morto – aggiunge, ricostruendo il volume di fuoco di quella ‘stesa’ – dopo l’omicidio nessuno si e’ presentato a rendere dichiarazioni. E quando la polizia ha individuato gli amici di Genny e li ha interrogati neanche in quel momento hanno detto tutta la verita’. Mi duole dirlo ma e’ cosi”. L’atteggiamento degli amici di Genny “e’ stato spregevole – rincara la dose il questore di Napoli Guido Marino – ma sono stati snidati. Nessuno ci ha aiutato. Nessuno ha detto nulla”. “Non chiedo alla gente di compiere atti di eroismo ma di ordinaria legalita’ – aggiunge Colangelo – capisco il timore di quei ragazzi, umanamente posso capire; ma nel momento in cui sono stati identificati, questi giovani avrebbero dovuto dare una mano agli investigatori e avevano l’obbligo di dire la verita'”. Il procuratore lancia un appello alle mamme del quartiere: “Fate capire ai vostri figli che questa strada porta alla morte o porta al carcere. Bisogna ribellarsi a questi fatti”.
“Non e’ omerta’, la gente del rione non e’ che non parla per coprire la camorra. E’ un modo per difendersi. Quando accade un episodio come quello successo a me e la mia famiglia, voi giornalisti venite, fate domande, poi spegnete le telecamere e ve ne andate. Noi restiamo nel rione, con i nostri familiari, dove non pochi hanno anche un lavoro. Rione dove c’e’ tanta gente perbene, come a Scampia, a Ponticelli, a Secondigliano”. Cosi’ ribatte Antonio Cesarano, padre di Genny, ucciso a 17 anni dalla camorra durante una ‘stesa’ nel rione Sanita’, quando un cronista gli chiede cosa prova sapendo che gli amici di suo figlio non hanno fattivamente collaborato alle indagini.
‘Le notizie di oggi hanno riacceso ricordi e tensioni di quei giorni – dice Antonio Cesarano descrivendo lo stato d’animo dei suoi cari – e questo succede ogni volta che accadono fatti simili come la bambina colpita al piede nei giorni scorsi mentre era al mercato con il padre”. ”É successo in pieno giorno. A me – dice con rammarico – dissero che mio figlio non doveva essere per strada a quell’ora di notte. Come restare in piazza con gli amici fosse stata una grave colpa… Dico che la città deve reagire. Non ci dobbiamo far intimorire e, ognuno come può, deve collaborare per liberare Napoli questa morsa criminale restituendola ai ragazzi”. Antonio Cesarano e l’avvocato Marco Campora ricordano la nascita del movimento popolare sorto all’indomani della morte di Genny, formato da giovani, madri, precari, studenti e parroci. ”Con ‘Il popolo in cammino’ chiediamo alle istituzioni sicurezza e sviluppo per i quartieri a rischio – conclude Cesarano – c’e’ bisogno, però, di risposte strutturali come istruzione, con le scuole aperte a tempo pieno e, soprattutto, opportunità di formazione e lavoro per i nostri ragazzi”.
“Quando ci sarà il processo per i presunti responsabili del barbaro omicidio di Genny Cesarano, vittima innocente di camorra, il Comune di Napoli si costituirà parte civile”. Lo annuncia il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris.