Fu ucciso in un agguato dalle tipiche modalità camorristiche, ma lui e gli altri cinque ragazzi che erano con lui, erano innocenti e non affiliati al gruppo dei Di Lauro, come supposto dagli avversari del clan, la fazione degli Scissionisti. Dopo 13 anni si è fatta luce sulla morte di Antonio Landieri, il 25enne disabile ammazzato fuori un circolo ricreativo di via Labriola, isolato 1 noto come i “Sette palazzi”. L’agguato il 6 novembre 2004, oggi cinque misure cautelari in carcere eseguite dagli agenti della Squadra mobile della Questura di Napoli su mandato della Dda partenopea. Gli indagati sono ritenuti responsabili di aver organizzato ed eseguito il raid armato nel quale fu ucciso il giovane e vennero feriti altri cinque ragazzi. Un’azione armata che si inserisce, secondo quanto emerso dalle indagini, nel contesto sanguinoso della prima faida di Scampia-Secondigliano, scoppiata nell’ottobre 2004 nell’area Nord del capoluogo campano. Sotto i colpi dei sicari cadde una vittima innocente, del tutto estranea alle logiche delle organizzazioni criminali, che si trovava nel luogo sbagliato quando un gruppo di fuoco entrò in azione per colpire gli affiliati alla fazione avversaria. Si tratta di un omicidio – ricorda in una nota il procuratore aggiunto, Filippo Beatrice – che seguì di pochissimi giorni il primo clamoroso evento che aveva segnato l’inizio della guerra armata tra i Di Lauro e gli Scissionisti, il duplice omicidio Montanino-Salierno. L’agguato venne perpetrato in risposta “a un raid voluto dai vertici della scissione con un gruppo di fuoco pesantemente armato, anche di una mitraglietta Uzi, allo scopo di cacciare dalla zona dei Sette Palazzi di Scampia, gli affiliati dei Di Lauro, secondo una logica di ferreo controllo del territorio che diventerà abituale negli scontri successivi”.
I killer giunsero in via Labriola, armati, e a bordo di un’auto. Iniziarono a sparare all’impazzata, in direzione di un gruppo di ragazzi, ritenendoli affiliati dei Di Lauro. Antonio Landieri tentò di fuggire come gli altri, ma venne ritardato nella fuga dalla sua disabilità e venne ferito mortalmente alla schiena da due colpi sparati da media distanza, mentre gli altri ragazzi riportarono tutti lesioni da arma da fuoco. Secondo quanto ricostruito dal gip nell’ordinanza cautelare, attraverso le indagini, è stato possibile non solo ricostruire la dinamica dell’azione di fuoco ma anche di identificare i partecipanti e il mandante, Cesare Pagano, capo degli Amato-Pagano e in quel momento arroccato nel territorio di Licola al sicuro da reazioni armate dei Di Lauro perché circondato dai propri fedelissimi. Un apporto fondamente alle indagini è stato fornito dalle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, emersi nell’ultimo periodo. Rilevanti sono risultati anche gli accertamenti, i minuziosi riscontri compiuti dalla Squadra mobile e le indagini tecniche. Il gruppo di fuoco risulta essere stato composto, oltre che da fedelissimi di Pagano, da persone che negli anni successivi avrebbero assunto ruoli apicali nei gruppi che hanno costituito la fazione scissionista, tra cui Giovanni Esposito (capo degli Abbinante), Gennaro Notturno, esponente di spicco dell’omonima famiglia, e due persone vicinissime a Cesare Pagano, Davide Francescone e Ciro Caiazza, armiere di fiducia del clan. Altri tre indagati, che risulta abbiano partecipato con compiti diversi al raid, sono morti successivamente in altrettanti agguati camorristici o vittime di lupara bianca. L’omicidio di Landieri ebbe vasta eco e suscitò particolare indignazione. Nel 2015, il ministero degli Interni ha riconosciuto il ragazzo vittima innocente della criminalità organizzata, grazie al supporto del coordinamento campano dei familiari delle vittime innocenti della criminalità, della fondazione Polis e di Libera Campania. La giunta comunale di Napoli approvò la delibera con la quale è stato intitolato ad Antonio Landieri il campo sportivo di Scampia. Lo scorso mese di novembre, il cugino di Antonio, Rosario Esposito La Rossa è stato insignito dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, dell’onorificenza di cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana “per il suo impegno e la sua creatività in favore della legalità e del contrasto al degrado sociale”. Proprio in memoria del parente scomparso, Esposito La Rossa ha fondato una serie di associazioni per il riscatto dei giovani del quartiere Scampia.