Camorra, il procuratore generale Riello: “Contro le stese a Napoli si faccio come per il terrorismo”

Il fenomeno dei raid armati a scopo intimidatorio, le cosiddette “stese” che attraversano molti quartieri di Napoli dove ci sono fibrillazioni tra clan e’ “allarmante” e “va trattato come il terrorismo, innanzi tutto bonificando la societa'”. Lo dice, conversando con i giornalisti, il procuratore generale di Napoli Luigi Riello. “Le risposte dello Stato ci sono state – premette – ma io credo che ci siano dei paradossi da superare. Ogni anno ci sono dati significativi in termini di arresti e sequestri da parte delle forze dell’ordine, ma la criminalita’ organizzata spadroneggia. Dei nodi irrisolti, anzitutto la certezza della pena. Ma soprattutto il modo in cui la politica affronta questi problemi, cioe’ il degrado nei quartieri, la dispersione scolastica. La politica deve riappropriarsi del proprio ruolo”. “Nei casi estremi, dove ci sono genitori che non controllano i propri figli e vengono condannati a pene severe, credo si possa esercitare il potere dato dalla legge, per togliere la potesta’ genitoriale. Una misura estrema che va adottata con cautela, sia chiaro, ma e’ giunta l’ora di valutarne l’efficacia e l’applicabilita'”. A dirlo Luigi Riello, procuratore generale del Distretto giudiziario di Napoli, nel corso dell’incontro con la stampa prima dell’inaugurazione del nuovo anno giudiziario. E mentre con il presidente della Corte d’Appello, Giuseppe De Carolis, cercava di analizzare il problema dell’aumento di omicidi e sparatorie in citta’, a Soccavo uccidevano un 20enne, ritenuto vicino ad un clan della camorra. “Questi ragazzi non si limitano a fare quello che una volta i vecchi boss facevano sul territorio. Hanno un modello diverso da seguire e in barba alle forze dell’ordine e ai clan contro i quali si oppongono, organizzano le stese – spiega Riello – in un preoccupante silenzio dei genitori che permettono ai bambini non solo di assistere alle attivita’ criminali ma di partecipare ad esse. La criminalita’ in citta’, a differenze di altre province o regioni, e’ esplosiva”. Sulla possibilita’ di togliere la patria potesta’ ai camorristi e’ intervenuto anche il presidente di Corte d’Appello, De Carolis il quale ritiene che sia una strategia da adottare, per astratto, con “estrema prudenza”. I due vertici del Distretto si sono anche soffermati sulla polemica sollevata ieri in Corte di Cassazione nella relazione del primo presidente della Suprema Corte, Giovanni Canzio, il quale ha detto stop ai processi mediatici. “Non ci sono state grosse fughe di notizie qui a Napoli ma ci vogliono delle regole comportamentali da parte di tutti: pm, giudici, avvocati e magistrati. Gli atti segreti non possono essere pubblicati e chi e’ indagato non va crocefisso”, ha detto Riello. De Carolis ha invece parlato di “obbligo di corretta informazione da parte dei media”. Infine un passaggio sul procuratore capo Giovanni Colangelo, prossimo alla pensione, di recente al centro della cronaca per un piano voluto dalla Sacra Corona Unita e dalla camorra per ucciderlo in un attentato con il tritolo: “Un fatto grave ed emblematico che dimostra l’efficacia del lavoro del nostro procuratore”.


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