Riordinare il comparto giochi con una legislazione chiara. È questo l’imperativo imposto allo Stato dalla situazione attuale nel settore del gambling. L’avvento al governo di Gentiloni ha presentato lo stesso problema che ha messo in difficoltà i suoi predecessori: equilibrare gli incassi erariali con il volume di gioco nazionale, senza effettuare tagli drastici sul settore né ignorare il problema della ludopatia.
Quello che poteva sembrare un rebus già qualche anno fa ora sta diventando un vero e proprio intrigo. Il 2016 ha fatto registrare il picco più alto del mercato dell’azzardo, giunto a toccare quota 95 miliardi di euro. 7 in più rispetto al 2015, con un guadagno da 10 miliardi di euro (rispetto ai 7,6 precedenti) per le casse dello Stato. Di fronte a numeri del genere l’unico interrogativo da porsi sembrerebbe essere dal punto di vista etico, con gli 800.000 ludopati che chiamano il potere centrale a un intervento deciso per sistemare la situazione. Tutte le misure finora ipotizzate per arrivare alla realizzazione di centri per prevenzione e cura del GAP si sono rivelate inefficaci, spesso per mancanza di fondi. Mentre la quantità di giocatori problematici aumenta, la pressione fiscale mette in crisi anche gli esercenti con più clienti. Il loro guadagno è minimo nonostante l’aumento dei giocatori, e un ulteriore intervento per la riduzione del 30% delle slot machine sarebbe la fine di molti piccoli proprietari.
Contro i provvedimenti drastici richiesti dai “no slot” più accaniti e ipotizzati dalla Legge di Stabilità 2017 si stanno muovendo diversi lavoratori. Arrivare a togliere 140.000 apparecchi può costare il posto di lavoro a mezzo milione di dipendenti. Un risultato che graverebbe non poco sull’immagine del nuovo governo, dopo la battaglia intrapresa dal precedente per combattere il fenomeno della disoccupazione. A questo si aggiungono le difficoltà nel trovare fondi per rinnovare gli appalti per gli esercenti. I nuovi concorsi sono più onerosi e meno vantaggiosi, proprio per rispondere alla necessità di evitare gli eccessi nel gioco. Inoltre i gestori che hanno ancora la licenza saranno costretti a cambiare i loro apparecchi per rimanere negli standard della nuova legislazione. Se nel calderone si inseriscono i cambi di tassazione, è evidente che per i proprietari non è più conveniente proseguire sulla strada del gioco d’azzardo. Un bene per la comunità, o no?
Un giocatore patologico ha bisogno dell’azzardo, e finché non riconosce il proprio problema lavorando per superarlo continuerà a scommettere. Non importa dove, non importa a che cifre. L’impulso di puntare è irrefrenabile, e una drastica diminuzione dei gestori controllati dallo Stato non può che aiutare il gioco illegale. Il potere centrale si è impegnato per anni nella lotta all’azzardo gestito dalle mafie locali, cercando di portare i giocatori lontano dagli affari loschi. Un passo indietro rappresenterebbe uno smacco non da poco per lo Stato e per gli enti locali. Nello spazio di pochi mesi la Liguria sarà la prima regione a vedere il rinnovo delle concessioni a diversi esercenti. Fondamentale dunque trovare una via di mezzo tra il desiderio dell’autorità centrale e le diverse regioni. Molto importante farlo presto, prima che il sistema collassi e si torni nella preistoria dell’azzardo.