L’annuncio è arrivato a udienza formalmente conclusa, quando l’avvocato del boss Totò Riina ha comunicato la disponibilità del suo cliente a farsi interrogare in aula. Un colpo di scena, visto che il padrino di Corleone non ha mai risposto alle domande delle parti ed è intervenuto, assai raramente per la verità, solo con dichiarazioni spontanee. Ma dalla decisione del capomafia gli inquirenti, che l’accusano di avere avuto un ruolo nella fase iniziale della cosiddetta trattativa tra lo Stato e la mafia, non si aspettano svolte epocali. L’imputato, l’unico del dibattimento ad aver acconsentito a sottoporsi ad esame, più probabilmente approfitterà del “palcoscenico” dell’udienza per difendersi. Di diverso rispetto alle dichiarazioni spontanee, però, oltre alla novità del boss che non si avvale della facoltà di non rispondere, c’è che i pm potranno fargli domande anche su temi più ampi: come i suoi dialoghi fiume col co-detenuto Alberto Lorusso intercettati dagli investigatori nel carcere di Opera. Comunque andrà, escludendo che il capo di Cosa nostra, ormai molto anziano e malato possa ammettere colpe e accusare complici, vederlo a tu per tu con la pubblica accusa e le parti del processo sarà interessante. La data dell’esame è ancora incerta, Riina, però, dovrebbe rispondere in videoconferenza dal carcere di Parma in cui è detenuto. Stesse modalità usate per farlo assistere, ormai in barella, al processo sulla cosiddetta trattativa in cui è imputato di minaccia a Corpo politico dello Stato. Al momento sarebbe l’unico dei 10 accusati ad aver accettato di rispondere. Il presidente della corte d’assise, che celebra il dibattimento, per organizzare il calendario dopo la fine dell’esame dei testi della Procura, alla scorsa udienza ha sondato le loro intenzioni. E solo il boss ha acconsentito. Altri coimputati, come il generale dei carabinieri Mario Mori, hanno preferito le dichiarazioni spontanee. Il 10 febbraio toccherà all’ex ministro Nicola Mancino, accusato di falsa testimonianza, che anticiperà in aula la sua difesa. Il processo, cominciato alla fine di ottobre del 2012, tenta di far luce sui retroscena della stagione delle stragi mafiose del ’92 e del ’93 quando, secondo l’accusa, ufficiali del Ros, con solide coperture istituzionali, avrebbero tentato, attraverso l’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino, di avviare contatti con Cosa nostra. Interlocutori: prima Riina, poi il boss Bernardo Provenzano, al quale sarebbe stata assicurata l’impunità. Sul piatto, in un quadro che via via con le indagini si è assai complicato e ha visto mafia e pezzi deviati dello Stato concorrere ad un piano di destabilizzazione con pezzi dell’ eversione di destra, ci sarebbe stato anche un affievolimento del carcere duro, posto come condizione, nella trattativa, dalla mafia. Ma sul processo, ormai prossimo a una conclusione, si sono abbattuti diverse tegole: l’assoluzione dell’ex ministro Calogero Mannino, giudicato separatamente in abbreviato, e l’arresto del principale testimone, Massimo Ciancimino, figlio di don Vito, da una settimana in galera per scontare due condanne definitive. Un colpo pesante per i pm.
“Nel corso di questi 23 anni, tanti dalla strage di via dei Georgofili, spesso abbiamo chiesto a Salvatore Riina di collaborare con la giustizia, lo abbiamo chiesto a lui e alla moglie perché intercedesse sul ‘pentimento’ del marito, ma sappiamo bene come grandi siano i rischi che le parole di Riina quando risponderà ai giudici, siano solo ‘aria fritta'”. Così, in una nota, l’Associazione tra i familiari delle vittime di via dei Georgofili dopo che Totò Riina ha fatto sapere, attraverso il suo avvocato Giovanni Anania, che risponderà alle domande di pm e avvocati nel processo sulla trattativa Stato-mafia in corso a Palermo. “Non crediamo affatto – spiega l’Associazione – che Salvatore Riina avrà qualcosa che vuole dire, anzi vorrà ancora una volta difendersi e dire che lui è il ‘parafulmine d’Italia’. Detto questo sempre pronti a ricrederci, caso mai il ‘capo di Cosa nostra’ fosse disposto a dire chiaro e forte chi era con lui la notte del 27 Maggio 1993 in via dei Georgofili”.(ANSA). COM-CG 30-GEN-17 19:58 NNN