Caserta. Affari all’ombra del clan dei Casalesi: sequestro beni nei confronti di Giovanni Diana, 56enne della provincia di Caserta, indagato per associazione mafiosa nell’ambito dell’operazione Azimut scattata alla fine del 2015, all’indomani della cattura di Michele Zagaria. I Carabinieri del R.O.S., insieme a quelli del Comando Provinciale di Caserta, hanno eseguito un decreto di sequestro beni, nell’ambito di un procedimento di prevenzione nei confronti di Giovanni Diana. Questa indagine – si legge nota degli investigatori – consentì di documentare gli assetti criminali dell’area casalese all’indomani della cattura del boss Michele Zagaria, ritenuto punto di riferimento delle varie anime dell’organizzazione, evidenziandone l’elevato grado di fluidità , finanche nei ranghi direttivi, in conseguenza delle attività repressive e di alcune importanti defezioni collaborative. E’ stato infatti possibile dimostrare come più fazioni del Clan dei Casalesi, quali Venosa, Zagaria, Iovine e bidognetti, nonchè i clan Fragnoli-Pagliuca ed Esposito, attivi nell’area sessana-mondragonese, al fine di preservare i delicati equilibri criminali connessi alla gestione delle attività criminali sul territorio, avessero raggiunto un accordo per la ripartizione dei proventi estorsivi, facendoli in parte confluire in una “cassa comune” e riconoscendo la leadership dell’intera organizzazione camorristica al clan Schiavone. Il provvedimento di sequestro, proposto dalla Procura Distrettuale Antimafia di Napoli, dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, riguarda una avviata azienda di allevamento di bufali di Francolise, in provincia di Caserta, con annessi beni strumentali, nonchè 11 appezzamenti di terreno per complessivi 19 ettari e circa 500 capi di bestiame, accertati essere nella disponibilità indiretta di Diana e del valore stimato in circa 2 milioni e 700 mila euro, già oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca nel corso dell’operazione eseguita il 10 novembre 2015 dai carabinieri del Reparto Anticrimine di Napoli. In particolare, gli inquirenti hanno eseguito accertamenti patrimoniali sul conto di Diana che hanno fatto emergere una consistente sproporzione tra le sue capacità reddituali e le effettive disponibilità finanziarie/ patrimoniali. Egli è risultato intestatario di un conto corrente bancario e di una carta di credito, nonchè abilitato a compiere operazioni su altri due conti correnti, tra i quali, quello della sorella Rosa Diana, formale titolare dell’azienda bufalina. Questi elementi, letti congiuntamente a quanto già documentato con le indagini condotte dal ROS, nonchè alla luce dal contenuto delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, hanno contribuito a far fondatamente ritenere che la titolarità dei beni oggetto dell’odierno sequestro sia di fatto riconducibile a Diana Giovanni.