Al processo per l’omicidio della piccola Fortuna Loffredo è stato oggi il turno degli inquilini dell’ottavo piano dell’edificio del Parco Verde di Caivano, che immette sul terrazzo da dove, secondo la ricostruzione degli inquirenti, la piccola Fortuna Loffredo fu lanciata nel vuoto il 24 giugno 2014. Davanti alla quinta sezione della Corte di Assise (presidente Alfonso Barbarano, giudice a latere Annalisa De Tollis) sono stati chiamati a testimoniare Claudio Luongo, che avrebbe visto per primo il corpo esanime della bambina dando l’allarme, la madre Rachele Di Domenico (accusata poi di aver fatto sparire la scarpetta della bimba trovata sul terrazzo, come emerge da alcune intercettazioni ambientali) e l’altra figlia, Emilia Luongo. Ultimo teste Angela Angelino, la madre di Marianna Fabozzi, imputata per aver coperto gli abusi sessuali commessi ai danni di Chicca – come veniva chiamata la bambina – da parte del compagno Raimondo Caputo, detto Titò, considerato l’autore dell’omicidio. C’era grande attesa per le dichiarazioni in aula di Claudio Luongo soprattutto dopo che nelle scorse udienze il papà di Chicca, Pietro Loffredo, affermò di non credere nella colpevolezza dell’imputato ma di ritenere che proprio Luongo – che ha avuto un figlio da una relazione con la mamma di Chicca – sia coinvolto nel delitto.
Luongo in aula ha confermato la versione già fornita durante le indagini preliminari: si stava intrattenendo a chiacchierare in strada con alcuni amici, poi si avvicinò all’auto in sosta della sorella appena tornata dalle compere quando sentì un tonfo. Poco dopo vide a qualche metro dal portone di ingresso la bambina che non dava più segni di vita e diede l’allarme chiamando ripetutamente ad alta voce la mamma di Chicca, Mimma Guardato, che scese subito dal palazzo. Quanto alla questione della sparizione della scarpetta, ha affermato di non saperne niente ed ha negato che la madre, Rachele Di Domenico, l’abbia gettata via dopo averla rinvenuta sul terrazzo. Domande sulla misteriosa sparizione non sono state rivolte a Rachele perché risulta indagata per false dichiarazioni al pubblico ministero per le sue dichiarazioni reticenti smentite dalle intercettazioni ambientali. La donna ha insistito – nonostante le ripetute contestazioni del pm Domenico Airoma e Claudia Maone – nel sostenere che il cancello del terrazzo fosse sempre chiuso a chiave, come lo sarebbe stato, a suo dire, anche il giorno della morte di Chicca. Ed ha aggiunto che, essendo stata a lungo seduta sul pianerottolo, si sente di escludere in maniera categorica che qualcuno possa essersi recato sul terrazzo. Analoga versione, sul punto, da parte della figlia Emilia Luongo. Infarcita di reticenze la deposizione della Angelino: ”non ricordo” è stata la risposta, sempre la stessa e ripetuta decine di volta, fornita al pm che le contestava una per una le intercettazioni ambientali dove emergono le sue pressioni su una amichetta di Fortuna perché non raccontasse la verità agli investigatori (la piccola avrebbe visto Titò che lanciava Chicca dal terrazzo all’ottavo piano). Al termine della deposizione, i pm hanno chiesto la trasmissione del verbale al proprio ufficio per procedere per falsa testimonianza nei confronti della donna. Nel corso dell’udienza gli avvocati hanno espresso solidarietà al presidente della Corte Barbarano dopo la diffusione della notizia delle minacce anonime che gli sono state indirizzate nei mesi scorsi. “E’ un clima pesante, quello che si e’ respirato oggi all’udienza in Assise del processo per l’omicidio della piccola Fortuna, con testimoni che continuano a dire solo “non ricordo”. Ieri i media avevano diffuso la notizia che a dicembre scorso il presidente della Corte Alfonso Barbarano aveva ricevuto un biglietto contenente minacce”. Racconta cosi’ la mattinata in tribunale, l’avvocato Angelo Pisani. “stamane sono arrivate le dichiarazioni di Claudio Luongo, che ha ripetuto di essere stato il primo a vedere la bambina a terra, in contraddizione con altre testimonianze. Dalla sua posizione – spiega Pisani – non era possibile che Luongo vedesse e riconoscesse la piccola, da lontano e da una posizione coperta dai pilastri del palazzo”. “Esprimiamo solidarieta’ al presidente Barbarano – aggiunge Pisani, che durante le indagini difensive era stato a sua volta bersaglio di intimidazioni provenienti dal Parco Verde – e continueremo tutti a batterci per la verita’ a 360 gradi ma va purtroppo detto che se vogliamo trovare la verita’ in un contesto di degrado umano e criminale di questo tipo, siamo tutti in pericolo”. “Piu’ di tutti a rischiare – conclude il legale – sono pero’ i bambini, i tanti innocenti che ancora subiscono un simile inferno e, nonostante tutto, sono abbandonati dalle istituzioni in tanti luoghi infernali come il palazzo di Antonio e Chicca, morti senza alcuna colpa”.