“Il Clan dei Casalesi, inteso come federazioni di famiglie malavitose, non esiste più da tempo, ma questo non vuol dire che il clan sia sconfitto; ha ancora affiliati e tanti soldi provenienti soprattutto dal gioco d’azzardo online, che rappresenta adesso il più importante canale di approvvigionamento delle risorse con cui pagare stipendi ai boss detenuti”. Così il procuratore aggiunto di Napoli, Giuseppe Borrelli, coordinatore delle indagini sul clan dei Casalesi, all’indomani dall’ultima indagine che ha riguardato la famiglia Schiavone e quella alleata dei Venosa, e che ha portato in carcere uno dei figli del capoclan Francesco “Sandokan” Schiavone, Walter detto “la capra”. Il secondogenito del capoclan raccoglieva lo stipendio del padre e degli zii detenuti e imponeva la fornitura di mozzarella di bufala dop a punti vendita di tutta Italia. L’inchiesta ha confermato che oggi il più remunerativo business dei Casalesi è la gestione del gioco d’azzardo on-line, controllato dal clan attraverso una società creata ad hoc e una propria piattaforma che veniva imposta a tutti i bar e locali del Casertano. “Dobbiamo fermarci un attimo e riflettere su tale aspetto per capire come aggredire in modo massivo e definitivo i Casalesi”, dice Borrelli; “ma è necessario – prosegue – anche sensibilizzare l’opinione pubblica, perché dietro il gioco on-line notiamo sempre più spesso la presenza della criminalità organizzata”. L’indagine di ieri ha poi confermato la struttura parentale del clan, con le mogli e i figli di esponenti di spicco, da tempo detenuti, pronti a occupare posti di rilievo nella cosca, secondo un modello organizzativo simile a quello delle famiglie di Cosa Nostra, ma con una differenza sostanziale rispetto a qualche anno fa; le quattro famiglie che componevano il clan dei Casalesi, ovvero Bidognetti, Schiavone, Zagaria e Iovine, hanno capi e affiliati di spicco tutti in carcere, molti collaborano con la giustizia, per cui oggi, spiega Borrelli, “non c’è più una cassa comune del clan, ma c’è sicuramente il gruppo Schiavone ancora attivo, mentre sul clan Bidognetti, nonostante il recente arresto delle due figlie del boss, abbiamo una foto scattata oltre un anno fa, quando depositammo la richiesta di provvedimenti cautelari; i tempi lunghi di emissione delle ordinanza purtroppo non ci permettono di capire ad oggi quale sia il grado di operatività dei bidognettiani. Quel che sembra stia avvenendo è però un ‘processo di balcanizzazione’ della criminalità organizzata casertana, che sta diventando un po’ come i gruppi malavitosi napoletani, nel senso che i Casalesi non controllano più il territorio come una volta, e quindi vediamo la nascita di bande autonome che organizzano per esempio piazze di spaccio di droga e pagano la tangente al clan; ciò potrebbe aumentare la conflittualità tra diversi gruppi anche nell’area casertana, perché non è escluso che il gestore di una piazza un giorno decida di fare il grande salto e diventare un boss”.