Torre del Greco, il pentito Pellegrino svela le rotte del traffico di droga con i Papale e i Polverino

Era il ragionere del clan ma aveva “le mani bucate”: gli piaceva giocare ai casinò on line e allora per timore di essere ucciso perchè “The king of Narcos” per l’anagrafe Maurizio Garofalo, “The Boss” che aveva preso il posto di capo della camorra a Torre del Greco si sarebbe accorto delle sue “distrazioni” di soldi dalla cassa del cosca decise di collaborare con la giustizia. Giuseppe Pellegrino è ufficialmente un pentito e in questa veste si è presentato l’altro giorno in al processo che si sta celebrando con il rito abbreviato per il capoclan e altri 21 fedelissimi, tra cui il figlio, l’attuale compagna, l’ex moglie, i cognati, il socio in affari, il boss Luigi Papale di Ercolano e gli altri. Per Pellegrino la Dda ha chiesto 16 anni di carcere, per il boss 20: le pene complessivamente richieste ammontano a oltre tre secoli di carcere. Ma le dichirazionidi Pellegrino stanno facendo tremare la camorra di Torre del Greco e non solo. Garofalo aveva messo in piedi un vorticoso traffico di droga arrivando fino al Cilento dove era solito andare in vacanza e aveva legami con il clan Polverino che controlla gli affari illeciti nei comuni a Nord di Napoli. I suoi principlai fornitori di droga erano di Qualiano e Villaricca.
Dal Sudamerica a Torre del Greco passando per Qualiano. Rotta e tappe della rete dello spaccio costruita dal triangolo della camorra. L’asse tra clan nato dall’accordo tra i Falanga, i Papale e i Polverino. E’ questo il retroscena svelato agli investigatori da Giuseppe Pellegrino. E’ stato lui, l’esattore con le mani bucate, a svelare le trame dei viaggi della droga e dei rapporti complicati congli intermediari della cosca. Ha parlato dei rapporti con i Polverino e delle dosi di hashish e marijuana ritirati nelle ville bunker tra Qualiano e Villaricca a casa di  “Luigi, Alberto e Giovanni”, che a suo dire, erano residenti in tre villette confinanti dove lui si era recato personalmente per l’acquisto di stupefacente, nello specifico nella villetta di tale Luigi dotata di deposito di droga all’interno di un bunker al quale si aveva accesso da una botola ubicata in cucina.Le altre abitazioni erano munite di bunker e di via di fuga sotterranea. Pellegrino ha anche spiegato agli inquirenti che la cosca di Garfofalo aveva un giro di affari pari a 30 mila euro ongi 15 giorni e che dopo l’arresto del capo era il nipoteo ovvero Raffaele Magliulo che aveva sostituito lo zio nella gestione del traffico di droga.

(nella foto da sinistra il pentito Giuseppe Pellegrino, e i boss Maurizio Garofalo e Luigi Papale)


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