Roma. Una corposa memoria difensiva consegnata al giudice che ha deciso il suo arresto per corruzione e le dichiarazioni affidate ai tre avvocati (Francesco Carotenuto, Giovanni Battista Vignola e Alfredo Sorge) che compongono il collegio difensivo si è concluso in poco tempo l’interrogatorio a Regina Coeli di Alfredo Romeo, l’imprenditore campano accusato di aver versato nell’arco di tre anni 100mila euro al dirigente Consip Marco Gasparri, il cosiddetto ‘prototipatore’ che confezionava bandi di gara ‘ad hoc’ per favorire un’impresa piuttosto che un’altra.  “All’interno della società per azioni del ministero dell’Economia che realizza il programma di razionalizzazione degli acquisti per conto della pubblica amministrazione, lui non era affatto un privilegiato bensì un emarginato”. Questo il commento degli avvocati dopo l’interrogatorio nel quale Romeo si è avvalso della facoltà di non rispondere. I legali, pensando alla strategia difensiva, hanno sottolineato che lo scorso aprile Romeo aveva presentato un esposto di oltre 50 pagine alla stessa Consip e, per conoscenza, all’Anac di Raffaele Cantone e all’Antitrust in cui veniva espresso un forte rammarico perchè i controlli sui grossi raggruppamenti illeciti rappresentati da quei gruppi imprenditoriali che sono i veri padroni del mercato (le Cooperative Rosse, la Manutencoop e la Cofely) non erano poi così rigorosi. Dunque, Romeo nel ricostruire il meccanismo di assegnazione degli appalti in Consip, “fa i nomi di quelle Associazioni Temporanee di Impresa, a suo dire illegittime con cessioni di quote fasulle”. “Ecco – hanno insistito gli avvocati di Romeo -, in questo contesto si possono condurre indagini di maggior spessore, rispetto a questa che coinvolge il nostro assistito e che appartiene più alla sfera del gossip”. Entrando più nel merito della questione, Romeo ha ribadito ai suoi difensori “di non aver mai dato soldi a nessuno, di non aver mai incontrato Tiziano Renzi nè soggetti legati all’entourage dell’ex premier. Il resto è solo clamore mediatico”. Eppure, a confessare di aver intascato circa 100mila euro è stato proprio Marco Gasparri, il direttore di Area Consip che si occupava di predisporre i bandi, e che incontrava periodicamente Romeo negli uffici di Romeo Gestioni a Roma.
L’imprenditore campano “viene rappresentato come il grande corruttore, ma, se si legge bene l’ordinanza cautelare – hanno osservato gli avvocati – abbiamo a che fare con un episodio di corruzione, ammesso che ci sia stato, non diciamo da quattro soldi, ma quasi. Insomma, quella del gip è una contestazione abbastanza minimale. Il messaggio fuorviante che rischia di passare è che Romeo avrebbe consegnato soldi a Gasparri per avere chissà quali grossi appalti. La contestazione, se fosse vera, è invece quella di aver consegnato cifre abbastanza modeste per avere consulenze private sul perfezionamento dei calcoli per presentare delle offerte”. E poco importa se la gran parte delle accuse che hanno portato in carcere Romeo si basa proprio sulla confessione di Gasparri: “Noi riteniamo al contrario che ci sia una totale assenza di riscontri alle parole del chiamante in correità , cioè Gasparri. Non c’è alcuna prova di questi versamenti ‘una tantum’. Romeo – hanno ribadito – è vittima di questo sistema che ha portato a sovraesporlo quando non ha fatto nulla. C’è un problema di proporzione tra l’atto contrario ai doveri d’ufficio e la somma di denaro data come corrispettivo al dirigente Consip: a fronte di un appalto da 2,7 miliardi di euro c’è una dazione in 3 anni di 100mila euro, pari a 30mila euro l’anno; insomma, non c’è proprio proporzione, perciò quanto contestato a Romeo, ammesso che sia vero, è cosa marginale che non ha alcun riferimento con l’appalto FM4″. Per la difesa “Romeo voleva sapere da Gasparri come mai avesse perso l’appalto del municipio Roma I pur avendolo gestito per 16 anni. Voleva avere un riscontro tecnico anche da un soggetto intraneo a Consip, perchè lui conosceva perfettamente quei luoghi da pulire e da gestire. Quello di Romeo era un tentativo di ottenere una legittima risposta a un quesito. Chiaro che l’appalto non era suo ma dopo 16 anni nutriva una legittima aspettativa e per questo parlava con Gasparri di numeri per sapere come mai la commissione fosse arrivata, prima dell’accesso agli atti, a un punteggio che secondo lui lo penalizzava rispetto alla concorrente Cofely che aveva avuto ben oltre due punti pur essendo un colosso dell’energia e del calore, e non della manutenzione dell’immobile come la società di Romeo”.
La difesa chiederà  presto al gip di revocare l’ordinanza di custodia cautelare: “Ci sono questioni che lasciano dubitare sulla validità e sulla utilizzabilità di molti aspetti processuali, per quello che riguarda sia la durata delle indagini sia le modalità di acquisizione della prova in relazione alle intercettazioni e alla ricostruzione dei documenti (a cominciare dai cosiddetti ‘pizzini’) attribuiti a Romeo e su cui, a nostro parere, non sono state rispettate le regole previste dal codice di procedura penale”. Quanto alle intercettazioni, gli avvocati Vignola, Carotenuto e Sorge hanno detto che “le frasi di Romeo devono essere contestualizzate, perche’ possono anche essere state pronunciate per capire la sincerità del proprio interlocutore, per tarare la sua attendibilità anche sparando una bugia o una millanteria, per capire insomma se l’interlocutore è soggetto affidabile. Ma all’alta politica Romeo non intendeva arrivarci e non ci è mai arrivato”.Â
Intanto, nell’inchiesta sono entrati, come persone informate sui fatti, altri importanti cittadini di Rignano sull’Arno, il paese di Tiziano e Matteo Renzi in provincia di Firenze: il sindaco, Daniele Lorenzini, e l’assessore allo sviluppo economico, Roberto Bargilli, ex autista del camper di Matteo Renzi durante la campagna elettorale per le primarie del Pd, poi perse contro Bersani. Lorenzini è già stato ascoltato, venerdì scorso, a Firenze, dai pm Henry John Woodcock, della Procura di Napoli, e Mario Palazzi, della Procura di Roma. Questa mattina, nel corso di una conferenza stampa in comune, Lorenzini ha raccontato di aver detto ai magistrati tutto quello che sapeva. Anche Bargilli presto potrebbe incontrare i magistrati, anche se assicura di non essere ancora stato cercato e di non avere nulla da nascondere. Tutti e due, sindaco e assessore comunale, sarebbero stati, lo scorso mese di ottobre, tra gli invitati a una cena a casa di Tiziano Renzi senior, alla quale avrebbe partecipato anche il generale Emanuele Saltalamacchia, comandante della legione Toscana dei carabinieri, indagato anch’egli, per favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio, nell’ambito dell’inchiesta Consip. Gli inquirenti ritengono, infatti, che proprio durante quella cena, il generale avrebbe consigliato al padrone di casa di non parlare con Alfredo Romeo, l’imprenditore napoletano finito in carcere per corruzione e al centro dell’inchiesta. Bargilli, oggi in conferenza stampa col sindaco, ha spiegato il suo presunto coinvolgimento nella vicenda, per un messaggio inviato, su richiesta di Renzi senior, a Carlo Russo, l’imprenditore di Scandicci anch’egli indagato per traffico di influenze illecite. Un messaggio, sostiene Bargilli, mandato solo per chiedere a Russo di non infastidire Tiziano Renzi.