Secondo il gip del Tribunale di Frosinone che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dell’agente penitenziario( ai domiciliari) e 4 detenuti oltre ad altri 8 provvedimenti di pbbligo di dimora e di firma “nonostante la sottoposizione al regime carcerario, i detenuti hanno dimostrato una inusuale pericolosità sociale e uno spiccato spessore criminale riuscendo a continuare a commettere delitti anche dall’interno dell’istituto di pena”. E’ racchiusa qui l’importanza e la delicatezza dell’indagine e dell’operazione di oggi. L’uso dei telefoni da parte dei detenuti era per le più svariate esigenze: dalla necessità affettiva di mantenersi in contatto con fidanzate, genitori e congiunti in genere alla gestione di altre illecite attività. Non a caso uno dei detenuti raggiunti dall’arresto in carcere originario dell’Albania, cl. 82 (attualmente detenuto presso Casa Circondariale di Spoleto) curava, in ogni fase, la prostituzione della propria sorella e della compagna attraverso l’inserzione in specifici siti di annunci e foto, l’indicazione alle donne di un vero e proprio codice comportamentale da tenere con i clienti in ordine a tempi e modalità dei rapporti, rimanendo talvolta in linea sia nella fase di “contrattazione” che di consumazione della prestazione sessuale. Ovviamente gli introiti, al netto delle spese di gestione, venivano dalle donne versate su una postepay che il detenuto gestiva direttamente dal suo efficiente smartphone comodamente dalla sua cella.
In seguito agli undici arresti per corruzione nel carcere di Frosinone, tra i quali un agente della Polizia Penitenziaria, il Sappe, (Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria) ha diramato in comunicato per fare chiarezza: “Precisato che gli arresti di oggi non hanno attinenza con l’evasione di qualche giorno fa, la notizia dell’operazione che ha portato all’arresto di 11 persone, tra cui un Agente di Polizia penitenziaria, per traffici illeciti nel carcere di Frosinone ci sconvolge. Fermo restando che una persona è colpevole solamente dopo una condanna passata in giudicato, deve essere chiaro che non appartengono certo al DNA della Polizia Penitenziaria i gravi comportamenti dei quali è accusato il poliziotto”. Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del Sappe, la prima e più rappresentativa organizzazione dei Baschi Azzurri.
“La responsabilità penale è personale e chi si è reso responsabile di gravi reati, una volta acquisite le prove certe e inequivocabili e concluso l’iter processuale nei gradi di giudizio,, ne deve pagare le conseguenze e deve essere cacciato dal Corpo di Polizia Penitenziaria, che è una Istituzione sana. Queste accuse fanno male a coloro che il carcere lo vivono quotidianamente nella prima linea delle sezioni detentive, come le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria che svolgono quotidianamente il servizio con professionalità, zelo, abnegazione e soprattutto umanità in un contesto assai complicato per l’esasperante sovraffollamento. E’ utile ricordare che i provvedimentidi oggi traggono origine da una articolata attività d’indagine, su delega della locale Procura, avviata nel mese di luglio 2016 e condotta dal dipendente Nucleo Investigativo della Polizia Penitenziaria sino al mese di settembre scorso a seguito del ritrovamento, da parte di personale della Polizia Penitenziaria, di alcuni telefoni cellulari all’interno di celle della locale Casa Circondariale”.
Il primo Sindacato dei Baschi Azzurri torna a sottolineare che “la Polizia Penitenziaria, a Frosinone e negli oltre 200 penitenziari italiani per adulti e minori, è formata da persone che nonostante l’insostenibile, pericoloso e stressante sovraffollamento credono nel proprio lavoro, che hanno valori radicati e un forte senso d’identità e d’orgoglio, e che ogni giorno in carcere fanno tutto quanto è nelle loro umane possibilità per gestire gli eventi critici che si verificano quotidianamente, soprattutto sventando centinaia e centinaia suicidi di detenuti”.