Ecco come il clan voleva eliminare Membrino, il maresciallo di Sant’Antimo che dava fastidio. IL RACCONTO DEI PENTITI

Sant’Antimo. Il clan Puca progettò l’omicidio di un maresciallo della tenenza dei carabinieri di Sant’Antimo che aveva un atteggiamento troppo duro nei confronti dei componenti del clan e di un vigile urbano in servizio alla Polizia municipale dello stesso paese. Emerge dalle indagini e dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia l’intento di ‘eliminare’ e minacciare il carabiniere che dava fastidio. L’episodio descritto nell’ordinanza del Gip Maria Luisa Miranda è avvenuto nel 2007. La circostanza che fece incattivire gli uomini del clan Puca avvenne il 17 ottobre del 2006, quando Antonio Cesaro – uno degli indagati per il quale non è stata disposta la misura cautelare -, vigile urbano a Sant’Antimo fu controllato insieme a Vincenzo Grazioso e Crescenzo Barretta (quest’ultimo controllato numerose volte con esponenti del clan tra i quali Francesco Dell’Omo ‘o maranese” e Luigi Di Spirito “palatella”. Nei mesi successivi e in particolare a gennaio del 2007 Cesaro viene nuovamente controllato fuori all’abitazione di Pasquale Puca, alias Pasqualino ‘o minorenne, capo indiscusso dell’omonimo clan. Ma quel giorno, il vigile decise di regolare il conto con quel carabiniere della tenenza che dava fastidio, il maresciallo Giuseppe Membrino che aveva effettuato il controllo e lo aveva inserito nella banca dati delle forze di polizia. Al momento del controllo, Antonio Cesaro, indossava la divisa della Polizia municipale ed aveva raggiunto l’abitazione del boss con la sua autovettua privata. Ritornato in un ufficio il maresciallo, poi finito nel mirino del clan, inserì la notizia nella banca dati delle forze di polizia. Alcuni mesi dopo, il vigile – in abiti civili – decise di regolare i conti con il maresciallo dei carabinieri, e andò in caserma per parlargli “Non la dovevi fare questa cattiveria, quello che hai fatto tu negli ambienti della mala si chiama infamità”. Cesaro gli disse che il maresciallo si era comportato male e che avrebbe dovuto evitare di fare l’inserimento in Banca Dati perché il giorno dopo al controllo era andato alla Tenenza di Sant’Antimo per giustificare la sua presenza a casa del boss. Il vigile sostenne di essere andato per riscuote un assegno di mille euro per l’acquisto di panettoni da parte di Pasquale ‘o minorenne presso il bar gestito dalla sua convivente. Cesaro aveva saputo dell’inserimento nella banca dati perchè aveva molti ‘amici’ nelle forze dell’ordine.
Il maresciallo Membrino, ritenuto dal clan ‘fastidioso’, come raccontato successivamente dal collaboratore di giustizia Ferdinando Puca, doveva essere ucciso. Puca racconta: “Voglio anche precisare che mi è stato raccontato da Di Spirito Luigi che un maresciallo dei carabinieri, sempre in servizio alla tenenza di Sant’Antimo, tale maresciallo Membrino venne trasferito a Pozzuoli a seguito di un attentato che il clan commise ai suoi danni, mettendogli una bomba artigianale sotto la vettura, in quanto era un carabiniere che dava fastidio sul territorio a noi del clan. In particolare il maresciallo aveva avuto un conflitto a fuoco con Antonio capa liscia, nipote di Verde Francesco ed Antuonuccio Spezzacatena. Antonio Capa liscia e Antonuccio Spezzacatena avevano appena ucciso tale Paoluccio, un ragazzo che spacciava droga per conto di Rosetta Pullicitto per contrasti interni legati allo spaccio dello stupefacente, quando arrivarono i carabinieri che avevano in corso delle indagini sull’omicidio e ci fu un conflitto a fuoco.”
Secondo quanto emerso dalle indagini tra Cesaro, il vigile e Pasquale Puca il capoclan vi erano anche dei rapporti familiari e in particolare con Vincenza Pica, che gestiva all’epoca il bar Rio a Sant’Antimo. Quella donna, convivente di Cesarano era la vedova di uno dei cugini di primo grado omonimi di Pasqualino o’ minorenne. Cesaro a sua volta era anche fratello di Vincenzo Cesaro, alias ‘Enzuccio capa ‘e bomba, storico personaggio criminale in passato anche imputato con Puca Pasquale “o’ minorenne” per l’omicidio di Salvatore Mele, avvenuto a Sant’Antimo nel 1987. Numerosi i collaboratori di giustizia che hanno parlato in questi anni del vigile urbano di Sant’Antimo, come Raffaele Tixon del clan Verde, Antonio Marrazzo dell’omonimo clan e infine Ferdinando Puca, organico alla costa dell’area a nord di Napoli.

 Rosaria Federico


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