“L’ho visto ammazzare sotto i miei occhi”: la testimonianza di Ketty la fidanzata del ragazzo pestato a morte dal branco

Alatri. “C’ero. Ho visto tutto. L’ho visto ammazzare e per tutta la vita avrò il rimorso di non essere riuscita a fare niente”. Ketty, la fidanzata di Emanuele Morganti, il 20enne ucciso di botte da un gruppo di giovani, racconta al Corriere della Sera, l’aggressione vissuta nella notte tra venerdì e sabato nel centro storico di Alatri, in provincia di Frosinone. Emanuele Morganti è morto ieri sera, all’ospedale di Roma per le ferite riportate nel violentissimo pestaggio fuori alla discoteca Mirò dove era con la sua fidanzata.
“Era la prima volta che Emanuele prendeva la macchina del padre – racconta la ragazza – Ci teneva così tanto. Era tornato dal lavoro, aveva fatto la doccia ed eravamo andati in discoteca. Volevamo solo passare un venerdì sera con la musica e gli amici. Perché è successo? Cosa è successo? Perché non li hanno fermati? Non aveva fatto niente”.
Poi la ragazza racconta che il giovane con il quale Emanuele ha avuto un battibecco proprio all’interno del locale è stato l’unico a non essere sentito: “È stato l’unico a non essere stato nemmeno sentito dai carabinieri – prosegue – Non sanno nemmeno dove sia, se n’è già andato”. Si è parlato di una rissa, ma sia lei che gli amici non sono d’accordo. “Ma quale rissa? Non c’è stata una rissa, era lui da solo. È stato preso dai buttafuori, ma non lo hanno buttato fuori. L’hanno rincorso”.
Per quella morte assurda sono indagate nove persone tra italiani e albanesi che vivono ad Alatri, in provincia di Frosinone, e nei paesi vicini. Ieri sera, una fiaccolata organizzata per testimoniare la vicinanza degli amici nei confronti del 20enne che era in condizioni disperate nel reparto di Rianimazione del Policlinico di Roma, è stata rinviata. Ora si deve pensare ai funerali e alle indagini per stabilire cosa è accaduto dinanzi al locale Mirò quella notte. Al vaglio dei carabinieri anche alcuni filmati delle telecamere di sorveglianza che potrebbero raccontare cosa è accaduto e eventualmente permettere di identificare gli aggressori. Sui social gli amici lo ricordano, passione per la caccia, e lo sconcerto per questa assurda morte: “Hai sempre portato quel sorriso stampato sul volto e quella risata unica. Bastava la minima cavolata per sentirci unici e stavamo bene così perché siamo cresciuti con la semplicità. Quella telefonata ogni domenica a 13.30 per darci l’appuntamento per andare a sparare. Fin da piccoli abbiamo condiviso la stessa passione, da una mazzafionda al fucile” scrive un amico. Altri chiedono giustizia.”Ora giustizia” e ancora “Non si può morire così”.
Nove le persone iscritte nel registro degli indagati dalla Procura di Frosinone per la morte di Emanuele Morganti. L’accusa per tutti è di omicidio volontario e concorso in omicidio. Si tratta di un gruppo misto di italiani e stranieri residenti in paese e nelle zone limitrofe.
Sono diverse e con differenti livelli di responsabilità le persone le cui posizioni sono al vaglio degli inquirenti per la morte di Emanuele Morganti. A massacrare il giovane sarebbero stati più uomini, non solo a mani nude ma con un arnese di ferro, e per loro potrebbero scattare già oggi i primi fermi. Ma si vuole fare chiarezza anche sulla posizione di quei responsabili della sicurezza del locale, che dopo l’inizio della lite, quando Emanuele, nella discoteca, ha difeso la ragazza dalle avances di un avventore ubriaco, hanno trascinato fuori il giovane lasciandolo in balia dei suoi aggressori.


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