Frosinone. Due fermi per la morte di Emanuele Morganti e impazzano le polemiche per la violentissima aggressione subita dal giovane 20enne, punito per aver difeso la fidanzata. I due fermati con l’accusa di omicidio volontario per la morte, del 20enne Emanuele Morganti sono i fratellastri Mario Castagnacci e Paolo Palmisani, individuati la scorsa notte nell’abitazione di una parente alla periferia est di Roma dai carabinieri del Reparto operativo di Frosinone e dai militari della Compagnia di Alatri. Al vaglio degli investigatori la posizione di altre 5 persone, tra cui vi sarebbe il padre dei fermati. Un pestaggio originato da una banale lite su chi per primo dovesse prendere una bibita dal bancone del music club Miro’. E’ da qui che sarebbe partito il tutto, hanno riferito questa mattina in conferenza stampa il procuratore capo di Frosinone, Giuseppe De Falco, il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Giuseppe Tuccio, e il comandante della Compagnia di Alatri, maggiore Antonio Contente. Quella subita da Morganti è stata un’aggressione in tre fasi diverse, successive l’una all’altra e nell’arco di una quindicina di minuti all’esterno del locale. E gli indizi raccolti dagli investigatori a carico di due fratellastri sono considerati “gravi”. I due hanno mostrato sorpresa per il fatto che gli investigatori fossero riusciti a scovarli, non hanno opposto resistenza, non avevano armi, e dopo le formalità di rito sono stati trasferiti nel carcere di Regina Coeli. Sarà il Gip di Roma, competente per territorio – ha spiegato De Falco – a convalidare o meno il provvedimento di fermo che ipotizza a loro carico l’accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi. Il procuratore capo di Frosinone ha parlato di vicenda dal “grande clamore mediatico e che si prestava a letture anche sociologiche, criminologiche, però l’autorità giudiziaria deve attenersi ai fatti istruttori”. De Falco ha quindi tenuto a sgomberare il campo da ipotesi legate a conflitti tra etnie diverse, a motivazioni xenofobe. Le indagini “vanno avanti, nel rigoroso rispetto delle regole processuali. La lettura diversa la lasciamo ad altri, noi andiamo per individuare le responsabilità dei singoli”.
De Falco ha anche detto che si è trattato di una vicenda “di una gravita’ spaventosa perchè per motivi banalissimi si è arrivati alla drammatica morte di un ragazzo innocente, di una persona per bene”. Un litigio banalissimo quindi tra Emanuele e un’altra persona “erroneamente indicata all’inizio come un albanese, fatto questo che poi ha originato una serie di considerazioni e supposizioni non veritiere”, per l’appunto lo scontro etnico o la xenofobia. Quella bevanda da prendere per primo è stata l’occasione scatenante – almeno così è allo stato delle indagini -, lite con una persona che probabilmente era in stato di alterazione alcolica, mentre Emanuele non era ubriaco, tutt’altro. Comunque a quel punto i buttafuori hanno portato Emanuele Morganti fuori dal locale, mentre la persona con cui aveva litigato è rimasta dentro e quindi è da ritenersi estranea a quanto avvenuto poi in strada. Quello che gli investigatori dell’Arma stanno accertando è se i due fermati di questa notte fossero o meno nel locale in quei frangenti, e se lo fossero stati allora si vuol capire il motivo per cui sono usciti anche loro e l’hanno seguito. Quello che è certo è che l’aggressione si è sviluppata in tre momenti e punti diversi dalla zona, e inoltre con modalità diverse le une dalle altre e ad opera di persone diverse nei vari punti della piazza. E’ questo un aspetto su cui si sta indagando molto, non solo ricorrendo alle immagini delle telecamere della zona ma anche sulla base delle testimonianze raccolte dai militari del Reparto operativo. C’è da chiarire se sia stata una caccia all’uomo partita dal nulla, con persone che senza motivo siano entrate in scena. Emanuele ha cercato di allontanarsi, ma è stato seguito; è tornato indietro, forse per recuperare la fidanzata rimasta attardata ed è stato aggredito a più riprese e “con forza diversa”.
Sono stati 15 minuti di orrore, di violenza inaudita e gratuita, consumata davanti a decine di ragazzi che riempivano la piazza centrale di Alatri. Nessuna azione fulminea ma compiuta a più riprese anche se per il Procuratore capo di Frosinone Giuseppe De Falco per ora non i può parlare di premeditazione. Piuttosto di una violenza scatenatasi probabilmente da un mix di alcol e droga e dalla voglia aberrante di dimostrare “davanti a tutti chi comanda e controlla il territorio”. Il ragazzo è stato circondato e picchiato da un gruppo che era nella piazza. Riesce a rialzarsi e fugge. Ma il branco lo ha inseguito, lo ha picchiato ancora. Fino ai colpi finali, forse inferti con un manganello e un tubolare in ferro. Colpi alla testa, sferrati con violenza inaudita, insensata, terribile. Solo un amico di Emanuele interviene, si butta sul suo corpo ed è fatto bersaglio di colpi. Impaurito si sottrae. A sferrare i colpi letali, secondo testimonianze “che hanno avuto riscontri” i due fermati, Mario Castagnacci, cuoco, che per gli investigatori dovrebbe essere il responsabile del colpo mortale, e Paolo Palmisani. Colpiscono finchè Emanuele non si muove più. Poi i soccorsi, la corsa in ospedale, e la morte due giorni dopo. Si indaga per capire eventuali responsabilità di altri, dal buttafuori ad alcuni complici.