Ergastolo confermato per i sei componenti del gruppo di fuoco che nel febbraio 20o4 uccise a Pianura, Carmine Pesce, fratello del boss Pasquale. La Corte di Assise di Appello di Napoli ha confermato il carcere a vita per il mandante Antonio Varriale e per gli esecutori materiali Antonio Bellofiore, Prisco Castiglione, Ciro Cella e Giuseppe Mele e per Francesco Esposito, che invece avrebbe “dato la battuta” all’omicidio mettendo a dispos zione dei sicari il proprio appar- tamento, che si trovava di fronte a quello in cui viveva la vittima designata.
L’omicidio, sarebbe da inquadrarsi in una frattura creatasi all’interno della cosca guidata da Giuseppe Marfella e che portò alla formazione di due diversi gruppi criminali. Il primo guidato dallo stesso Marfella e dai componenti della famiglia Pesce, l’altro dai Varriale e dai Mele. Dalle indagini, grazie anche alle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, tra cui Giovanni Romano, il defunto Raffaele Bavero, il ras Luigi Pesce e infine Giorgina Polverino, moglie dell’ex boss Diego Basso, la quale nel corso dell’ultima fase dibattimentale, ha poi ritrattato gran parte delle rivelazioni fornite invece alla vigilia dell’apertura del processo, sono venuti fuori le dinamiche criminali dell’epoca dell’intera area flegrea e che portarono allaa faida. Dopo la cattura di Giuseppe Marfella, le redini del gruppo sarebbero passate nelle mani della famiglia Pesce scontentando, però, Antonio Varriale e i fratelli Mele. Questi, infatti, diedero vita a una propria organizzazione criminale che strinse accordi con i gruppi Frizziero e Zazo di Fuorigrotta, zona in cui i Pesce avevano promesso di non entrare per non rompere gli accordi stipulati con gli altri clan dell’area.
Dopo alcune scaramucce iniziali tra cui il ferimento di un parente dei Pesce e alcuni pestaggi, Antonio Varriale avrebbe deciso di passare alle vie di fatto colpendo il cassiere del gruppo rivale Carmine Pesce. Per commettere l’omicidio, inizialmente il ras di Pianura chiese aiuto a un altro boss ossia Vincenzo Mazzarella, verso cui, come raccontato dai collaboratori, nutriva un sentimento fraterno. I Mazzarella non negarono l’aiuto anzi, coinvolsero anche i loro alleati Misso e Sarno. Dell’omicidio infatti fu incaricato Ciro Giovanni Spirito, killer di fiducia dei Mazzarella passato in seguito a collaborare con la giustizia. Successivamente, come raccontato dallo stesso Spirito, per ragioni sconosciute il compito gli fu revocato. L’esecuzione infatti fu commessa direttamente dagli uomini di Varriale, e in particolare da Giuseppe Mele, che avrebbe esploso il colpo di grazie, e da Ciro Cella.
A dieci anni esatti dall’assassinio, il 14 febbraio del 2014, infatti, i carabinieri del Nucleo investigativo di Napoli arrestarono le sei persone ritenute dalla Procura a vario titolo coinvolte nell’omicidio. In manette finirono Antonio Bellofiore, Prisco Castiglione, Ciro Cella, Francesco Esposito, Giuseppe Mele e Antonio Varriale. Le accuse della Dda, nonostante i tentennamenti di alcuni testi, si sono rivelate granitiche anche in dibattimento e i registi della faida di Pianura hanno così dovuto i conti con il secondo ergastolo di fila.