Roma. L’assunto è che Alfredo Romeo abbia corrotto e stia corrompendo altri pubblici ufficiali, anche attraverso lobbisti e facilitatori: lo dice il Gip che ha arrestato l’imprenditore napoletano, ex Pci, da sempre legato alla sinistra non solo campana, passato nelle porte girevoli del carcere per la seconda volta. L’assunto è che Romeo abbia elargito regalie e tangenti a lobbisti e ‘facilitatori’ per ottenere appalti milionari nella pubblica amministrazione. O quanto meno mantenere gran parte di quegli appalti già ottenuti nel 2012 dalla Consip per le pulizie e la manutenzione di tribunali e uffici pubblici in Campania e altrove. Solo che nella guerra degli appalti pubblici, instauratasi per quello che è stato definito il più grosso appalto europeo (2 miliardi e 700mila euro), indetto dalla Consip, Romeo questa volta temeva una ‘fregatura’ da parte di una società concorrente: la Ati Cofely. La Cofely non è altro che raggruppamento temporaneo di imprese di cui faceva parte una società riconducibile all’imprenditore Ezio Bigotti, 53enne di Pinerolo, diventato leader nel settore Facility mangement e legato all’onorevole Denis Verdini. E’ La Cofely il maggiore antagonista della Romeo Gestioni spa, tanto che nell’attribuzione dei lotti dell’appalto Fm4, quello miliardario, Romeo riesce ad aggiudicarsi tre tranche di appalti, mentre la Ati di Bigotti quattro. E’ nel periodo clou dell’appalto che Alfredo Romeo si muove con più velocità e ‘voracità’ nel mondo della politica che conta, in cerca di ‘facilitatori’ e ‘lobbisti’, sfruttando i canali del maggior partito al potere: il Pd. La leva è Carlo Russo, l’imprenditore di Scandicci. Ma il cuneo vero è Italo Bocchino: il ‘facilitatore’ per eccellenza nell’inchiesta Consip.
Bocchino è il consulente di Romeo, il consigliere strategico, ‘con capacità ad accedere a informazioni riservate anche grazie al suo trascorso di deputato e membro del Comitato parlamentare di controllo sui Servizi Segreti’ dice il Gip Sforza. Bocchino ha contatti con ‘sedicenti e effettivi appartenenti all’intelligence nonché con politici e funzionari in posizione apicale’. E’ nell’ambito delle conoscenze di Italo Bocchino che Alfredo Romeo e Luigi Marroni, sostengono gli inquirenti, vengono a sapere delle cimici. Una nell’ufficio di via Palacorda numero 7 della Romeo Gestione e l’altro in quello dell’amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni. E scattano le bonifiche. L’inchiesta è scoperta.
Nel registro degli indagati finiscono per favoreggiamento e violazione del segreto istruttorio, alcuni esponenti del ‘Giglio magico’ renziano: in primis Luca Lotti, Ministro dello Sport, braccio destro di Renzi e ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Ma ci sono anche il Generale dei Carabinieri, comandante della Legione Toscana, Emanuele Saltalamacchia e il generale dell’Arma dei Carabinieri Tullio Del Sette. A gettare ombre sui tre è proprio Luigi Marroni, ex assessore alla Sanità della Regione Toscana, promosso da Renzi a capo della Consip. Marroni è l’Ad sul quale Carlo Russo, imprenditore farmaceutico di Scandicci, amico di Tiziano Renzi, avrebbe dovuto fare pressioni per conto di Romeo: il traffico di influenze, appunto.
A fine novembre quelle cimici fatte rimuovere sia dall’ufficio di Marroni, in via Isonzo, che da quello di Romeo in via Palacorda danno agli inquirenti la certezza che c’è una fuga di notizie. E l’attività di ascolto il 29 novembre viene sospesa.
Quel giorno Marco Gasparri, il ‘prototipatore’, il consulente occulto di Romeo, il direttore di Area Consip capace di costruire bandi ‘cuciti’ sulla Romeo Gestione e da tre anni sul libro paga dell’istigatore napoletano, esce dall’ufficio di Alfredo Romeo per l’ultima volta. E viene avvistato dai carabinieri del Noe che da mesi, prima con il famoso capitano Ultimo, Sergio Di Caprio, poi il capitano Giampaolo Scafarto seguono le mosse di Romeo passo passo. Poi, decide di ‘pentirsi’. E qualche giorno dopo, 15 per l’esattezza comincia a stilare il primo verbale.
Nei mesi precedenti l’imprenditore napoletano ha mosso il ‘più alto livello politico’ per non perdere 208 milioni di euro, relativi ai tre lotti: 3, 13, e 18 che Consip gli ha aggiudicato in via provvisoria in attesa di chiarimenti. E in quei mesi, Romeo paga. In un anno, il 2016, preleva da un’istituto bancario napoletano 351mila euro in contanti, con assegni girati a ‘me medesimo’. Pattuisce stipendi mensili: 5mila euro per Carlo Russo. Trentamila euro al mese per Tiziano Renzi. “Vado a portarglieli di persona” si sente dire nelle intercettazioni da Romeo a proposito di ‘babbo Renzi’. A portarglieli in contanti fino a Firenze, sostengono gli inquirenti. Tiziano Renzi smentisce qualsiasi contatto, dopo l’arresto di Alfredo Romeo, e minaccia querela nei confronti di chi sostiene possa avere preso soldi o averli pattuiti. Ma è Romeo a dirlo. Un pizzino conferma ’30mila a T.’. Carlo Russo, l’altro imprenditore del ‘Giglio magico’ renziano si accontenta di meno: 5mila euro e qualche vacanza da nababbo negli alberghi di Romeo.
A Russo, Alfredo Romeo riserva trattamenti amicali come un soggiorno molto costoso presso un albergo riconducibile all’imprenditore e gestito da parenti a Ischia, per non permettere agli inquirenti di risalire direttamente a lui. Russo si rilassa con la sua compagna, ma naturalmente la fattura di 3233 euro la paga Romeo. Fin qui nulla di strano. Ma poi, quel ‘collega’ di Scandicci, uno che nel ‘Giglio magico’ renziano ci sta da una vita, è diventato il tramite per arrivare – con l’intermediazione di Tiziano Renzi – a Luigi Marroni. E qui la storia non finisce.
Babbo Renzi oggi sarà ascoltato dai pm romani: è accusato di traffico d’influenze.
Rosaria Federico