Scafati. Il carcere come estrema ‘ratio’: è sul filo delle esigenze cautelari che si sta decidendo in queste ore il destino dell’ex sindaco di Scafati, Angelo Pasqualino Aliberti. La richiesta del Procuratore generale di annullare con rinvio la decisione della Cassazione sull’arresto di Aliberti, del fratello Nello Maurizio e di Luigi e Gennaro Ridosso, i due cugini promotori del clan Loreto-Ridosso, ha il suo fondamento giuridico sulla sussistenza delle esigenze cautelari, e sulla formulazione del reato contestato ai quattro indagati. Si dibatte su ‘corruzione elettorale’ e ‘scambio di voto politico-mafioso’. La Corte di Cassazione non potrà entrare nel merito delle accuse e della veridicità dei fatti che vengono addebitati all’ex sindaco e ai suoi presunti complici dalla Procura antimafia di Salerno e dal pm Vincenzo Montemurro. Due le motivazioni per le quali – secondo il procuratore generale – la decisione degli Ermellini dovrebbe essere rinviata al Riesame per quanto riguarda Gennaro Ridosso – il figlio di Romoletto – a capo della cosca insieme ad Alfonso Loreto e uno dei ‘galoppini’ del candidato sindaco Aliberti durante la campagna elettorale per le amministrative del 2013. Secondo quanto sostenuto anche dai difensori, Dario Vannetiello e Pierluigi Spadafora, innanzitutto non sono sufficientemente motivate le esigenze cautelari da parte del Riesame e poi anche perché a Gennaro Ridosso viene contestato l’interessamento alla campagna elettorale solo per il 2013 e non anche per le Regionali del 2015 che vedevano candidata Monica Paolino, moglie di Aliberti, e poi effettivamente eletta. Il reato di scambio di voto, riformulato successivamente al 2013, fa sì che a Gennaro Ridosso possa essere addebitata solo l’accusa di ‘corruzione elettorale’ così come aveva sostenuto il Gip Donatella Mancini quando ha rigettato la richiesta di arresto per tutti e quattro gli indagati.
Ma uno dei difensori di Gennaro Ridosso, l’avvocato Vannetiello, ha anche chiesto ai giudici della Cassazione di dichiarare inammissibile l’appello del pm Vincenzo Montemurro al Tribunale del Riesame. Una richiesta che qualora venisse accolta sarebbe inappellabile e smonterebbe ogni discussione ulteriore. Tutto ritornerebbe indietro di mesi. A quella decisione del giudice per le indagini preliminari che pur riconoscendo la validità delle accuse della Procura aveva rigettato la richiesta di arresto per un motivo semplice: se si arrivasse ad una condanna per il reato di corruzione elettorale questa non potrebbe superare i tre anni di reclusione. Circostanza che nel nostro codice penale non presuppone l’arresto nella fase preliminare. Insomma, il ragionamento è questo.
Il procuratore generale, poi, ha censurato per tutti e quattro gli indagati la motivazione del Tribunale del Riesame di Salerno che – secondo il magistrato – non ha sufficientemente spiegato i motivi per i quali i quattro dovrebbero essere arrestati e finire in carcere. Il dubbio, insinuato dalla Procura generale, è: ‘C’è un’altra misura cautelare alternativa al carcere che potrebbe essere applicata agli indagati?’.
Ora non resta che l’attesa. I punti giuridici discussi dagli avvocati nel corso della camera di consiglio sono molteplici e tutti complicati. In ogni caso sulla vicenda Scafati e sull’inchiesta per lo scambio di voto politico-mafioso che coinvolge l’ex sindaco Aliberti non è ancora stata messa la parola ‘fine’. E non la potrà mettere neppure la decisione della Cassazione attesa in serata. La Cassazione è solo uno dei punti di un’inchiesta che è ancora nella fase delle indagini preliminari e che ha già portato allo scioglimento per infiltrazioni camorristiche del consiglio comunale scafatese che per circa otto anni è stato guidato dal sindaco di Forza Italia, Angelo Pasqualino Aliberti.
Rosaria Federico