Torre Annunziata. “Mancati lavori contro il pericolo di crollo” e “inosservanza dell’ultimo ordine di sgombero” del 2014 (il sesto scritto in 30 anni dal Comune di Torre Annunziata): alla sbarra in 72, anche chi era un killer scelto. È partito ieri e con queste accuse in tribunale, a due anni dalla liberazione di Palazzo Fienga, il maxi-processo contro i proprietari di uno o più appartamenti nell’ex fortino del clan Gionta, ridotto a semplice covo sgomberato a chiusura di due inchieste parallele condotte dalla Procura di Torre Annunziata e della Dda di Napoli.
Ieri mattina il giudice monocratico Feminiani ha incardinato il processo e rinviato a settembre per le questioni preliminari, ad ottobre invece si entrerà nel vivo con la testimonianza di due dei quattro testi della pubblica accusa, rappresentata in aula dal pm Emilio Prisco che ha chiamato a testimoniare due poliziotti, un architetto e un ingegnere del Comune. Due degli imputati, attraverso i propri difensori, hanno chiesto di chiudere il processo con un’oblazione, la richiesta verrà ufficializzata nel corso della prossima udienza che si terrà il sei settembre.
Nessuna archiviazione: nel maggio scorso fu infatti accolta in toto la richiesta di rinvio a giudizio, formulata dai pm Emilio Prisco e Sergio Raimondi. Ben 72 gli imputati finiti alla sbarra dinanzi al giudice. Per l’accusa, i proprietari di case nel fortino sgomberato prima, non avrebbero effettuato i lavori necessari per evitare eventuali crolli; poi non avrebbero osservato le 6 ordinanze di sgombero, emesse fin dagli anni ‘80 dal Comune per motivi di sicurezza. Secondo l’Antimafia, Palazzo Fienga era “incompatibile col soggiorno degli esseri umani”.
Tra i 73 imputati anche alcuni elementi di spicco del clan Gionta, come i killer scelti Giovanni Iapicca (alias “rangitiello”) e Liberato Guarro “Balduccio”. Alla sbarra anche Eduardo Venerando, Andrea Cirillo “’o sciacallo” e Pasqualina Apuzzo, suocera del “boss poeta” Aldo (è la madre della moglie, Annunziata Caso). E ancora diversi pregiudicati affiliati, tra cui membri delle famiglie Paduano e Carpentieri. Il covo di via Bertone fu sgomberato all’alba del 15 gennaio 2015. Lo sgombero dell’ex fortino di camorra riguardò un mega complesso immobiliare su tre strade (anche via Castello e via D’Alagno): 42 nuclei familiari – per un totale di 193 persone – che occupavano 63 appartamenti, mentre 36 abitazioni non erano occupate; infine c’erano altri 17 locali non abitativi. Il doppio sequestro del Palazzo (la cui custodia è ancora oggi affidata al sindaco di Torre Annunziata, Giosuè Starita) ha rappresentato il primo passo che condurrà probabilmente alla sua confisca.
Monica Barba
Ecco gli imputati:
Di Salvatore Immacolata
Rapacciuolo Maria
Germano Ilde Rosaria
Immobile Antonio
Cirillo Anna
Savino Anna
Guarro Rosa
Fiorenza Rosa
Manzo Nicola
Bove Luigia
Bove Filomena
Montemurro Maria
Palumbo Annunziata
Spiezia Francesco
Finale Francesca
Bruno Teresa
De Caro Giuseppe
Amoruso Rosa
Carpentieri Pasquale
Carpentieri Assunta
Bove Anna
Fiorenza Vincenzo (deceduto)
Bruno Francesco
Bruno Stanislao
Donnarumma Rita
Sica Rocco (deceduto)
Nocerino Fulvio
Gaglione Lucio
Gallo Rosa
Gallo Giovanni
Viola Lucia
Di Capua Rosa
Sessa Paolo
Melluso Colomba
Visiello Maria
Martone Michela
Rapacciuolo Antonino
Fiorenza Antonietta
Flauto Franca
Gallo Salvatore
Napoli Filomena
Palmieri Francesco
Buccero Davide
Iapicca Maria Anna
Tarasco Anna
Apuzzo Pasqualina
Carpentieri Pasquale
Cioffi Rocco (deceduto)
Ferraro Salvatore
Iapicca Giovanni
Palmieri Oreste
Paduano Immacolata
Izzo Michelina
Pascale Silvana
Savino Anna
Venerando Eduardo
Rubino Domenico
Amuro Rosa
Gallo Giuseppina
Bove Concetta
Cirillo Andrea
Paduano Antonino
Guarro Liberato
Palumbo Antonio
Di Salvatore Salvatore
Perna Maurizio
Bove Silvana
Gallo Rosa
Maresca Oreste
La Rocca Mario
Fiorenza Filippo
