Dapprima fu il petrolio, quella richiesta mai esaurita ( tornata prepotentemente alla ribalta negli ultimi tempi ) che la Shell fece per trivellare alcune zone del Diano alla ricerca dell’oro nero, i loro studi fatti di nascosto hanno evidenziato la presenza del combustibile a profondità da inferi, tanto, quanto basta a rendere ricchi i pochi che dall’inizio si sono rivoltati ai secchi e decisi NO della popolazione e dei sindaci del territorio, quei “ fessi” che non vogliono il progresso che, si oppongono a ogni tentativo di civilizzazione che, vogliono restare sommersi nella loro giungla dal sapor di arcaico. Così furono definiti da coloro che della civiltà e del progresso ne hanno fatto uno slogan di vita, quelle persone che venderebbero anche la propria mamma pur di navigare nell’oro. Poi toccò al tribunale. Questa volta però ad alzare il tiro contro il Vallo di Diano è stato il Governo, lontano si fa per dire dalle multinazionali il quale, dovrebbe tutelare i cittadini e dovrebbe garantire loro la dignità del vivere. Ma aimè come spesso accade, la strategia appartiene al compromesso e, vince chi si espone di più alle collusioni e alle macchinazioni politiche. Tre anni di battaglia senza risultato alcuno, la spending review fatta per limitare le spese, ha colpito nel cuore di una terra già desolata e lasciata maturare al sole cocente di una irrazionale gestione che a oggi, appartiene al conquistatore di turno, al politico rampante e privo di scrupoli che, svende sogni e, innaffia i pochi orticelli che sono sempre vivi e vegeti. Qualcuno grida vendetta, altri subiscono in silenzio, altri ancora cercano soluzioni per comprendere e condividere gli scempi. Una roulette russa che lascia poco spazio alla ragione che, impone il suo gioco spesso bluffando. Dal petrolio al tribunale dunque, due storie in apparenza diverse ma che nascondono obiettivi comuni, obiettivi legati al denaro e al degrado dove a subire sono sempre e solo i cittadini abituati a soccombere sotto il peso costante di una democrazia impressa solo sulla carta. Quei “ fessi” che non vogliono crescere, che amano il Vallo di Diano e che vorrebbero vederlo valorizzato così com’è, con i suoi boschi millenari, i suoi monumenti storici, la sua agricoltura biologica ecc. Un territorio ancora per certi aspetti vergine, lasciato solo anche dal Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni. Basterebbe poco per ripristinare quell’indotto economico capace di far riemergere quella dignità offuscata, basterebbe crederci e soprattutto basterebbe volerlo. Oggi però chi vuole ciò è un ”fesso” perché ripudia il progresso, le riforme e le nuove frontiere, almeno così si sente dire in giro. Però aggiungo io: è bello essere “ fessi “ quando si ama la propria terra, quando la si ama al punto tale da volerla immune dal progresso, una piattaforma che ancora oggi chiede giustizia, ancora oggi vuole la verità anche e soprattutto sullo scandalo dei rifiuti interrati . Quel traffico denominato Chernobyl che vede alla sbarra 39 persone colpevoli secondo il Pm di aver infestato anche i terreni del Vallo di Diano. Si aspetta un processo che forse non verrà mai fatto e, forse non sapremo mai la verità reale su cosa giace nel sottosuolo della magica terra dei “fessi”. Dulcis in fundo, per condire bene il tutto, la declassazione a pezzi dell’ ospedale Curto di Polla, un fiore all’occhiello del territorio che fino a qualche anno fa aveva in grembo i migliori medici dell’intera Regione. Oggi, grazie a strategie diffuse, rischia il collasso come, rischia il collasso l’intera sanità del Vallo di Diano destinata come fu per il tribunale, a mete più fertili. Poi si parla di comune unico, si combatte per il nulla, si cerca forse quell’armonia e quella unità che il Diano ha perduto da tempo.
Antonio Citera