Calcio&Clan, dietrofront di Pecoraro: “L’intercettazione su Agnelli non esiste è una frase del pm”

oco meno di trenta giorni dopo il primo round arriva un parziale dietrofront da parte del procuratore della Figc Giuseppe Pecoraro nell’inchiesta sui presunti rapporti tra alcuni esponenti del club ed ultrà sospettati di essere legati alla criminalità organizzata per la gestione degli abbonamenti allo Stadium. In Antimafia la seconda audizione dell’ex prefetto di Roma regala diversi momenti ‘caldi’: la presidentessa della Commissione Rosy Bindi denuncia che “le mafie in Italia arrivano persino alla Juve”, ma il club bianconero forse può sorridere. Pecoraro, incalzato dai componenti, nega di aver ha mai accostato la ‘ndrangheta ad Andrea Agnelli e, fatto ancor più importante, precisa che l’intercettazione ‘regina’ contro di lui di fatto non esiste.FRASE DEL PM. Il nodo della vicenda è se il presidente della Juventus fosse o meno consapevole che il capo ultrà Rocco Dominello fosse legato alla malavita. Poco prima delle 16 a San Macuto rimbomba il chiarimento atteso: “L’intercettazione di cui si è parlato molto l’altra volta (una fra D’Angelo e Calvo dell’agosto 2016, ndr), sulla quale sono state dette tante cose, è un’interpretazione che è stata data. Noi abbiamo dato una certa interpretazione, perché da quella frase sembrava ci fosse una certa confidenza” fra Agnelli e Dominello, “ma probabilmente era del pubblico ministero quella frase. Anzi, da una lettura migliore e da una revisione logica la attribuisco al pubblico ministero”. Pronta la replica del procuratore di Torino Armando Spataro, che in una nota ha voluto chiarire come “l’Ufficio si è limitato alla trasmissione degli atti richiesti dalla Procura Federale, senza esprimere alcuna interpretazione al riguardo”.Sulla questione, molto delicata e che riguarda anche il deferimento per i bianconeri, serve però fare chiarezza. Il riferimento di Pecoraro riguarda un virgolettato, che non sarebbe contenuto negli atti ufficiali dell’inchiesta torinese Alto Piemonte, dove si legge: “Hanno arrestato due fratelli di Rocco (Dominello, ndr). Lui è incensurato, noi parliamo con lui”. Alla conversazione non avrebbe partecipato il numero uno bianconero, ma sarebbe avvenuta tra l’ex capo del marketing e il security manager. I tre sono stati deferiti insieme al responsabile della biglietteria Stefano Merulla. A questo proposito il procuratore federale ha voluto i motivi della decisione: “Sono vari: l’articolo 12 del Codice di giustizia sportiva dice che non è possibile il bagarinaggio, è un articolo preciso. Della gestione dei biglietti era a conoscenza anche Agnelli: la responsabilità è in primo luogo del presidente della società che era consapevole o comunque non ha vigilato sulla gestione dei biglietti. C’è una responsabilità diretta e una indiretta per essere rappresentante legale della società. A noi interessa la condotta antisportiva e di slealtà, questo concetto è nel Codice sportivo: un dirigente non può avere un certo tipo di comportamento”.Poi rincara la dose: “La cosa è certa che i biglietti sono stati dati anche a persone legate alla criminalità, questo è il dato”. Bindi però, mettendo quasi un punto al ‘caso Agnelli’, prima di chiudere i lavori sottolinea come “Pecoraro oggi ammette che nella telefonata Calvo-D’Angelo non si parla del presidente della Juve. Abbiamo chiarito”. Il numero uno dei campioni d’Italia sarà in ogni caso ascoltato a San Macuto ai primi di maggio in un calendario molto fitto che vedrà le audizioni dei presidenti delle Leghe A e B quando saranno eletti, dei dirigenti responsabili di Crotone, Genoa, Inter, Lazio, Milan, Napoli e Roma e del presidente della Figc Carlo Tavecchio.


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