Cammino per strada frettolosamente, stringo il mio cellulare tra le mani con la cura che le donne anziane riservano alla corona del Rosario mentre recitano i vari misteri, arrivo alla fermata del pullman e mi fermo alzando lo sguardo in cerca di qualcuno che come me deve partire, e mi rassicuro. Qualcun altro compie i miei stessi gesti, ma di scatto riaffonda la testa nel suo cellulare e appassionato cerca chissà cosa in quella piccola scatoletta. Arriva l’autobus, si sale, chi deve farlo oblitera il biglietto, i più siedono e nuovamente permettono di essere risucchiati in quell’aggeggio che detesto, ma che uso a volte nello stesso modo. Anch’ io sono vittima degli stessi gesti. Osservo le espressioni sui volti altrui e immagino essere anche le mie, e ne sono turbata: mimica facciale assente, sguardo rapito da chissà quale meraviglia mai vista, inebetimento. Durante il viaggio: silenzio, troppo silenzio; e se qualche voce si ascolta è quella che risponde metallica, concitata, fastidiosa o seduttiva ad un telefono che squilla, e per i più accorti, vibra. Mi chiedo: cosa ci sta capitando? Mi documento e leggo il Rapporto Italia diffuso da Eurispes sul quadro delle nuove tecnologie e scopro che ormai quasi tutti gli italiani hanno un cellulare: il 93,1% degli over 18. Lo smartphone risulta lo strumento tecnologico più diffuso nel Paese, il 75,7% degli italiani ne possiede uno. Continuo a leggere i dati rilevati dall’Istituto Demopolis e scopro che negli ultimi tre anni la maggioranza assoluta degli utenti è passata ad uno smartphone, spesso affiancato al classico telefonino. Il divario tra generazioni appare netto: l’84% dei giovani tra i 15 ed i 24 anni e appena un quinto di chi ha superato i 64 anni.
Gli italiani con questi piccoli portali tecnologici navigano su internet per accedere alle informazioni più disparate ed usano i social Network in particolare Facebook e WhatsApp. E i più giovani risultano connessi con gli smartphone per oltre 15 ore al giorno. 15 ore? Una ricerca pubblicata sul Sunday Mirror e svolta presso l’Istituto di Ricerca Neuro-diagnostica di Marbella su due cavie di adolescenti di 11 e 13 anni ha evidenziato come le radiazioni emanate dal cellulare disturbino l’attività delle onde cerebrali fino ad un’ora dopo la fine della telefonata. La ricerca dell’Università di Zurigo ha altresì rilevato alterazioni nell’attività sottocorticale del cervello umano e disturbi del sonno in chi usa il telefonino.
Questi dati statistici mi invogliano a riflettere su come sia cambiato il nostro modo di comunicare e di accedere alle informazioni. Sicuramente morbosamente più informati in tempi brevissimi su tutto, in modo superficiale e meno edotti sui fatti. Conosciamo i titoli delle notizie proposte e i particolari, ma non siamo in grado di approfondire i temi proposti e forse non siamo nemmeno interessati a farlo. In questo vortice conoscitivo, noi adulti abbiamo trascinato i nostri figli credendo di averli emancipati da un modus vivendi considerato, da chi? obsoleto e per questo motivo, antiquato. Sarà poi veramente così?
L’allarme più inquietante è lanciato dai medici della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale che evidenziano gli effetti nocivi sulla salute nei bambini derivanti dall’uso dei telefonini. In Europa, l’Italia è al primo posto per numero di cellulari in utilizzo e l’età media dei possessori-fruitori è sempre più in calo, segnando il passaggio dall’uso all’abuso.
Il Centro per la Salute del Bambino Onlus di Trieste con l’Associazione Culturale Pediatri ha elaborato uno studio dal quale emerge che la presenza dello smartphone in famiglia ha raggiunto il 100%, superando il possesso di un apparecchio televisivo 95% e attestando il tablet al 68%. Nel secondo anno di vita, il 60% dei genitori lascia usare il cellulare ai figli fino ad arrivare all’80% nella fascia fra i 2 e i 5 anni. Troppo presto?
Il cellulare o smartphone è paragonabile ad una ricetrasmittente che attiva campi elettromagnetici che interagiscono con un sistema biolgico (il telefono viene normalmente tenuto vicino alla testa), e provoca un aumento della temperatura attivando il sistema naturale del nostro organismo. Quando questa interazione risulta prolungata, il meccanismo di termoregolazione porta alla morte delle cellule con necrosi dei tessuti. Addirittura? Questa consapevolezza associata al riscontro di una dipendenza psicologica dal telefonino che determina la perdita di concentrazione o memoria, una minore capacità di apprendimento, i disturbi del sonno e l’aumento dell’aggressività, inducono alcuni del settore tra cui Giuseppe Di Mauro presidente dell’SIPPS (Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale) a sostenere che ai bambini non dovrebbe essere data la possibilità di usare i cellulari e limitarne l’uso al minimo. Seguendo questa impostazione, alcune associazioni per la difesa dell’infanzia si sono schierate a favore di una posizione netta che propone la messa al bando di questi strumenti tecnologici considerati altamente pericolosi per la salute dei minori. I più piccoli potrebbero sviluppare dipendenza dai videogiochi; ritardi nell’apprendimento causati dai dispositivi con touchscreen, compresi i giochi educativi che in età precoce riducendo al minimo l’utilizzo delle parole scritte, provocano ritardi nello sviluppo del linguaggio; cambiamenti nel cervello simili a quelli che avrebbero individui dipendenti dall’alcool; collo da Sms, ossia una curvatura all’indietro del collo dovuta al peso della testa che viene mal distribuito sulla colonna vertebrale quando si scrive sul cellulare per lungo tempo; tumori al cervello causati da dispositivi elettronici. L’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità già nel 2011 aveva lanciato l’allarme rischio tumori, anche se questa questione è ancora molto dibattuta non essendoci risultati empirici incontestabili.
Ho iniziato a scrivere pensando a quanto l’avvento di nuovi strumenti tecnologici, utili e semplificatori del vivere comune stiano modificando il nostro modo di relazionarci, e mi sono ritrovata, inaspettatamente, a riconsiderare la nostra capacità critica. Siamo diventati incapaci di valutare ciò che giova alla nostra salute e soprattutto di valutare ciò che potrebbe risultare dannoso per i nostri figli sottovalutandone gli effetti a breve e a lunga scadenza. La nostra mente risulta obnubilata da un uso compulsivo di un mezzo rivoluzionario per la sua immediatezza e seduttivo per le sue potenzialità ma pericoloso per la nostra integrità. Riflettiamo anche se stiamo dimenticando come si fa.
Claudia Squitieri