Consip, Bocchino si difende sulle consulenze affidate per conto di Alfredo Romeo

Consip: Italo Bocchino si difende in un’intervista a il Fatto Quotidiano in merito alle consulenze affidate per conto dell’imprenditore Alfredo Romeo, finito in carcere per corruzione.

“Parliamo di una consulenza lecita a Russo. Io suggerisco a Romeo di pagarlo una volta al mese perché diffido di Russo e gli dico di dargli una questione, con un memo, per vedere se potesse risolverla. In due mesi si sarebbe visto se il suo apporto fosse utile o inutile”. Ha affermato Italo Bocchino, ex parlamentare di Forza Italia e Futuro e libertà, coinvolto nell’inchiesta Consip. Bocchino ha sottolineato che “non stiamo parlando né di lleciti né di cose strane. Romeo quando parlava era presidente dell’Ifma, la più grande associazione di imprese di facility management a livello mondiale. Se il rappresentante di una categoria come Romeo vuole confrontarsi con un esponente istituzionale come Lotti può servirsi di un consulente che lo faciliti in questo. È lecito per me – ha aggiunto – Romeo si consultava con me per ragioni lecite perché la mia società ha un contratto di consulenza da 80 mila euro all’anno lordi”. Bocchino infine ha ribadito di non avere “mai incontrato Tiziano Renzi. La frase su l’ultima volta che ho visto Renzi, che sarebbe stata pronunciata da me e attribuita a Romeo, si riferiva presumibilmente all’ex premier che ho incontrato solo durante il mio mandato parlamentare, in dibattiti televisivi e una volta il 23 dicembre del 2011″.

Sul caso Consip e sui recenti sviluppi che hanno visto l’iscrizione nel registro degli indagati del capitano del Noe Gianpaolo Scafarto per falso materiale e ideologico è intervenuto anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando: “La vicenda Consip e le sue irregolarità sono emerse anche grazie all’attenzione della magistratura e la fiducia nella giustizia non va messa in discussione. E’ una vicenda nella quale non posso, e nè voglio entrare, se non per dire che è una vicenda, per il profilo che emerso, inquietante”. Ha detto il ministro a Catania, commentando i risvolti del caso.

Mentre fonti dei carabinieri esprimono massima fiducia nell’operato della magistratura ma anche dell’ufficiale dei carabinieri del reparto operativo di Roma del Noe, Gianpaolo Scafarto. I carabinieri non commentano la vicenda del capitano, indagato per falso materiale e ideologico dalla Procura di Roma nell’ambito dell’inchiesta Consip. Secondo quanto si è appreso, nei confronti dell’ufficiale, non è stato finora adottato alcun provvedimento. Scafarto, autore di un’informativa agli atti dell’inchiesta Consip sul mega appalto da 2,7 miliardi per il Facility management 4, è accusato di aver attribuito ad Alfredo Romeo, l’imprenditore arrestato le cui società rischiano il commissariamento, un’affermazione su un incontro con Tiziano Renzi (“… Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato”), in realtà pronunciata da Italo Bocchino; e di aver accreditato la presenza di uomini dei servizi segreti sul luogo delle indagini.

Oggi sono fioccati i commenti politici sui nuovi risvolti del caso, con i grillini che hanno attaccato pesantemente Matteo Renzi, ponendogli ancora numerosi interrogativi irrisolti sulla vicenda del padre.

E’ intervenuto, nel dibattito politico anche il presidente della Commissione Giustizia del Senato, Nino D’Ascola. “La verità si forma nel contraddittorio e non può basarsi solo sul risultato delle indagini e naturalmente occorre accertare “con estremo rigore” se sono state poste in essere “azioni strumentali” che hanno posto a rischio “la stessa stabilità politica”. Ha detto D’Ascola che non vuole entrare nello specifico degli ultimi sviluppi legati al caso Consip, tuttavia trae spunto dalla vicenda per una serie di considerazioni generali sul rapporto giustizia, politica ed informazione. “Commentare le vicende che stanno emergendo in queste ore -spiega il senatore di Ap – vorrebbe dire commettere lo stesso errore compiuto da chi nelle settimane scorse ha approfittato di notizie relative ad indagini che chiamavano in causa il padre di Renzi, per attaccare un ex presidente del Consiglio e segretario in pectore del maggior partito italiano”. “Ecco allora che dobbiamo riflettere sulla lezione che si ricava da tutta questa storia: purtroppo è troppo diffusa nell’opinione pubblica la convinzione che l’emergere di taluni elementi di prova, implichi già di per sè la ricostruzione della verità”. 


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