Napoli. “Ha detto: ‘Tuo cognato mi deve portare i quarantamila euro entro questa sera. Perchè se non mi porta i quarantamila euro entro stasera… Mi deve dare trecentomila euro. Parola mia d’onore, faccio venire i Polverino sopra all’ufficio, centocinquanta a me e centocinquanta a loro'”: queste le minacce di Giorgio Poziello ad Antonio Murolo, cognato di Pietro Coci, l’imprenditore costretto a versare la tangente su un appalto al Santobono di Napoli. E’ lo stesso Coci a parlare della richiesta estorsiva fatta da Poziello, il coordinatore infermieristico dell’ospedale – finito oggi in carcere per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso – a suo cognato nel corso di una conversazione captata in ambientale nella sua auto. L’imprenditore parla con un suo collaboratore, il 16 luglio del 2015, e racconta che dovrà portare i soldi a Poziello. “E tu che hai fatto quando Giorgio ha parlato così, l’hai picchiato? – aveva chiesto Coci al cognato – “No” …allora ora lo picchio io…..Poi gli mandai un messaggio, uomo di merda, fatti trovare tra mezz’ora fuori a Piazza dei Martiri”. La richiesta estorsiva era stata fatta tre giorni prima:“Così come conosco il buono, conosco anche il cattivo. Ma qui se non paghiamo andiamo a finire malamente tutti quanti. Vedi come sto? Come un dannato”.  Il 13 luglio 2015 l’uomo fa una lunga telefonata ad Antonio Murolo, cognato e stretto collaboratore di Coci, titolare della Euroservizi. Il problema è che il pagamento delle tangenti, così come pattuito è stato interrotto, “a causa di una dilazione chiesta dalla Manutencop”, cosi’ come scrive il gip nell’ordinanza che ha portato all’emissione di 10 ordini di custodia cautelare per l’appalto truccato al Santobono. Poziello vanta di conoscere camorristi in grado di pretendere i soldi che ancora restano della tangente da 300mila euro pattuita. “Poziello era in contatti con Carmela Polverino, figlia del boss Antonio detto zio ‘Totonno’, e moglie di Salvatore Cammarota, condannato nel 2015 a 30 anni di reclusione per camorra”, scrive il magistrato. Una mattina, il 20 maggio del 2015, la donna si reca in ospedale per una visita di controllo e Poziello chiama immediatamente Murolo al cellulare: “Qui c’e’ la signora Polverino”, gli dice al telefono. Poziello è l’unico finito in carcere. Secondo i magistrati napoletani, utilizza il nome del clan Polverino per incutere terrore all’imprenditore che dovrà pagare la tangente. Lo fa in virtù dei suoi legami con il clan di Marano e in particolare con Carmela Polverino, figlia di ‘zi totonno’, noto boss all’epoca latitante.
Secondo gli inquirenti, i riferimenti alla criminalità organizzata fatti con spavalderia da Poziello erano tutt’altro che millanterie. Poziello era in contatto e assicurava anche trattamenti preferenziali per le visite all’interno dell’ospedale in cui lavorava a Carmela Polverino. Corsie preferenziali per visite ambulatoriali e interventi. Bastava una telefonata.
Rosaria Federico
@riproduzione riservata
