“Sono stato io a dare ai figli di Mario Potenza, Bruno e Salvatore, 600 mila euro in contanti. Loro me li avrebbero conservati e mi avrebbe dato ogni mese 5 mila euro che giravo a mia figlia Teresa come rendita personale”. Cosi Salvatore Lo Russo il capo dei “Capitoni”di Miano pentito da cinque anni cominciò il suo racconto sulla famiglia Potenza ai magistrati della Dda di Napoli che raccoglievano le sue deposizioni.
Era il 20 febbraio 2012, come riporta Il Roma, quando per la prima volta Lo Russo parlò di Mario, ex contrabbandiere di sigarette di primo piano e usuraio, detto “’o chiacchierone” per la sua facilità nel parlare in pubblico, che si serviva per incrementare il suo già notevole patrimonio dei figli Bruno e Salvatore e di diversi nipoti. “Era un grosso contrabbandiere di sigarette e negli anni Ottanta ha accumulato un patrimonio ingente che ha reinvestito nell’usura”, spiegò Lo Russo. Ma fu il pubblico ministero della Dda di Napoli Enrica Parascandolo, il 22 maggio 2013, a tratteggiare la sua figura di “benefattore dei vicoli” di Mario Potenza nel corso della requisitoria per il processo di primo grado che lo vedeva imputato con i figli e alcuni imprenditori napoletani per riciclaggio. Quasi nessuna della vittime di usura lo aveva denunciato perché i tassi applicati sfioravano i tassi regolari. “Dalle telefonate nella sua casa al quarto piano al Pallonetto di Santa Lucia è nata l’intera inchiesta – disse il pm – Mario Potenza è il re del contrabbando a Napoli. Ce lo dicono tutti i pentiti e ce lo dice lo stesso Mario che si è presentato all’indomani del sequestro di otto milioni di euro nella sua casa da parte della Dia. Ci dice di aver cambiato attività e di dedicarsi a prestare i soldi, con tassi dell’1 per cento al mese. Dalle intercettazioni nasce l’intera inchiesta ed è lo stesso Potenza che dice che dalle telefonate captate sarebbero potuti nascere altri sei processi” e così è stato. Uno dei collaboratori che parla dei Potenza è Emanuele Ferrara, ras degli scissionisti nei quartieri partenopei di Secondigliano, che il 26 giugno 2013 racconta di un tour tra le Vele di Scampia “del calciatore Mario Balotelli”, organizzato da Bruno Potenza, figlio di Mario. “Nel ristorante di Potenza a Lucrino, che si chiama Villa delle Ninfe, Antonio Lo Russo ha celebrato il matrimonio – racconta – sono stati invitati tutti i boss di Secondigliano e Cesare Pagano regalò ad Antonio 100mila euro in contanti”. Recentemente è stato proprio Antonio Lo Russo, figlio di Salvatore e da sei mesi diventato collaboratore di giustizia, a tirare in ballo l’amico Bruno Potenza. Il 15 gennaio scorso riferisce ai pm di essere stato ospitato per un mese, durante la latitanza, in un appartamento di un gioielliere di Chiaia: “Venne a trovarmi anche Bruno che si mise a piangere quando mi vide e si mise a mia completa disposizione”.
(nella foto la piscina del ristorante ville delle ninfe sul lago di lucrino e da sinistra in alto il boss cesare pagano, compare di nozze, salvatore lo russo, padre dello sposo, e in basso gli sposi anna gargano e antonio lo russo)